„Fremder Heimat, heimatlicher Fremde“. Tonio, Thomas e la Danimarca

Viviana Santovito

 

Abstract:

“Fremder Heimat, heimatlicher Fremde”: Tonio, Thomas, and Denmark

In 1903, Thomas Mann published the novella Tonio Kröger, in which the key themes of the German writer’s production emerge. The story follows the personal and artistic maturation of Tonio Kröger, the last descendant of an entrepreneurial family from Lübeck, from adolescence to adulthood. During his path of growth, Tonio chooses to make a journey to Denmark, where he will experience a process of life affirmation that will lead him to overcome his sense of crisis, consequence of his condition as a perennial outsider. This article analyses how the composition of Tonio Kröger was influenced by the Danish novel Niels Lyhne (“Niels Lyhne”) by Jens Peter Jacobsen, published in 1880. Thomas Mann created a character that mirrors the protagonist of the Danish masterpiece, detaching himself, however, in the finale, when Tonio is given the chance to overcome his existential impasse in a positive way. 


È il 1899. Un ventiquattrenne proveniente da Lubecca si gode una vacanza nel paese vicino, in Danimarca. Passeggia per Copenaghen, dopodiché si reca a Ålsgård, località di villeggiatura situata sulla costa di fronte alla Svezia. Questo avvenimento piuttosto banale, soprattutto per un tedesco borghese del nord-est, costituirà la genesi di un testo che ha accompagnato non solo l’immagine artistica del suo creatore lungo tutta la sua carriera, ma anche una folta schiera di lettori incantati dalle sue pagine. Il protagonista reale di questo viaggio, fisico e letterario, è Thomas Mann, mentre la sua creatura è il racconto Tonio Kröger (1903).


Tonio Kröger può essere considerato una summa dei temi fondamentali della produzione manniana. Dal contenuto profondamente autobiografico, il testo segue la maturazione personale ed artistica del giovane Tonio, ultimo rampollo della ricca famiglia borghese Kröger. Il protagonista è, a partire dal suo nome, un outsider: mentre suo padre è un austero mercante di Lubecca, sua madre è una passionale musicista proveniente dal Sud, dal mondo latino al di là del mare, una creatura trapiantata nel borghese e protestante Nord tedesco da suo marito di ritorno dall’ennesimo viaggio commerciale. Tonio rappresenta, dunque, una sintesi di opposti inconciliabile e, per i suoi pari, impossibile tra due mondi così distanti. Pur custodendo un rapporto prezioso ed unico con il mare e i suoi passatori, la Lubecca borghese a cavallo tra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Secolo breve si mostra come un universo chiuso ed asfittico nei confronti di un essere umano in perenne controtendenza esistenziale, come ne testimoniano l’insolito nome e l’aspetto fisico, così distante dai biondi e vigorosi coetanei dagli occhi azzurri che circondano Tonio, senza però mai riuscire ad entrare in contatto profondo con la sua anima.

Tonio è la rappresentazione plastica della diversità. Disattende tutte le aspettative andando male a scuola; è giovane, ma insofferente nei confronti dell’attività fisica così simbolo di virilità, ma al tempo stesso non riesce a ritagliarsi uno spazio in attività prettamente femminili come la danza, a differenza di François Knaak, il grottescamente raffinato insegnante di ballo e buone maniere ingaggiato dalle migliori famiglie della città per educare i propri discendenti al bel mondo mondano. Dovrebbe pensare a prendere le redini dell’impresa di famiglia, ma la sua passione è rivolta a tutt’altra destinazione: come la madre, con la quale prova un’intima connessione, è infatti appassionato di musica. Il “demone” che comincia a germogliare dentro di lui è, però, quello della poesia. Già da adolescente, Tonio compone versi custoditi in un quaderno. Ciò lo rende diametralmente opposto ai suoi compagni di classe: mentre loro vivono appieno, dedicandosi intensamente alle attività e alla socialità tipiche dell’adolescenza, Tonio osserva, e mentre osserva coltiva amore, un amore fuori posto e fuori contesto, ma proprio per questo tanto più vivo e profondo.

La prima passione arriva a quattordici anni, all’inizio del racconto. È l’amore puro e celato che il giovane Tonio prova nei confronti di Hans Hansen, il migliore della classe. Pur essendo il più bravo, questo ragazzo non è quello che, un po’ banalmente, potrebbe essere definito un “secchione”. Il bell’Hans, infatti, è la quintessenza della kalokagathìa: pur ottenendo voti molto alti, non si perde nell’erudizione, ma passa il suo tempo cercando di eccellere in ogni attività sportiva che decide di praticare. Quando Tonio, durante una passeggiata, gli chiede se abbia mai letto il Don Karlos di Schiller, la risposta non si fa attendere: Hans predilige i libri sui cavalli, soprattutto quelli che contengono immagini scattate durante i movimenti di questi animali. Anche il suo secondo grande amore, questa volta a sedici anni, è una passione impossibile: Tonio è attratto da Ingeborg Holm, una giovane che condivide con Hans Hansen la vitalità della giovinezza, il bell’aspetto nordico e una mancata considerazione nei confronti dell’ultimo Kröger di Lubecca. Il solco che separa Tonio dal suo amore si palesa durante la lezione di ballo, quando il protagonista, impegnato in una quadriglia ma con il pensiero rivolto alla sua amata, commette una gaffe, finendo nel moulinet delle donne e scatenando l’ilarità generale. Al momento della pausa, Tonio si allontana dalla stanza, attendendo, invano, l’arrivo della bella Ingeborg.

Ciò che contraddistingue questi sentimenti di amore è l’essere fuori posto. A causa della sua natura a metà tra il Nord e il Sud, Tonio non riesce a trovare un posto nella società e nel mondo, riflettendo questa sua condizione di Außenseiter nella Sehnsucht così caratteristica dell’amore nei confronti di Hans e Ingeborg. Nella tappa successiva della sua vita, Tonio vivrà questo spaesamento abbandonando Lubecca. La rovina della sua famiglia giunge con due morti: quella della nonna materna, poi quella del padre, a cui segue la liquidazione dell’impresa di famiglia. Seguendo il destino della passionale madre, risposatasi con un musicista dal nome italiano che la porterà lontano dal Baltico, Tonio lascia la sua città natale, senza grossi ripensamenti o rimpianti. Ciò aprirà le porte ad anni di sperimentazione e peregrinazione verso Sud, con una sola certezza, per quanto non fissa né tantomeno consolatoria, in tasca: la scrittura. Tonio si dedica dunque alla letteratura, cominciando ad ottenere, col passare del tempo, il giusto riconoscimento per il suo talento.

Poco più che trentenne, Tonio esprime le sue idee sulla vita e sulla letteratura durante una conversazione con Lisaweta Iwanowna, una coetanea pittrice russa, nel suo atelier a Monaco di Baviera. In quello che si mostra essere un lungo monologo, Tonio esprime la complicata posizione dell’artista, una creatura a metà tra slancio vitale ed impossibilità di vivere fino in fondo, un essere condannato ad osservare la vita, a sentirla, ma comunque a “distanza di sicurezza” dai suoi simili, i quali potranno anche lasciarsi influenzare dalle sue opere, financo scimmiottando il vero artista tramite la composizione, e susseguente declamazione, di versi insulsi, ma che rimarranno sempre dei dilettanti, proprio perché sono immersi nella vita, non nutrendo quella Sehnsucht, condizione necessaria della creazione artistica. A seguito di questo monologo, la diagnosi pronunciata da Lisaweta Iwanowna è tanto diretta quanto dritta al punto: Tonio è, in fin dei conti, un borghese smarrito.

Si vede qui necessario un cambiamento. Tonio sente di doversi mettere in viaggio, ma con destinazione diversa rispetto a quella che ci si potrebbe aspettare, ovvero l’Italia. La meta letteraria ed artistica prediletta dall’intellighenzia tedesca non è il luogo verso il quale Tonio si sente chiamato. È possibile notare, in questa scelta, un cambio di paradigma culturale e sociologico tipico del periodo a cavallo tra la seconda metà del XIX secolo e la prima metà del XX: il Nord, nello specifico i paesi scandinavi maggiori, diventano, in questo preciso momento storico, punto di riferimento per il mondo tedesco, sia dal punto di vista strettamente turistico che letterario. Essi risultano rilevanti anche da una prospettiva politica, se si osservano i discorsi völkisch (termine che indica qualcosa di conservatore, ultranazionalista) relativi ad una presunta comunione di sangue e di stirpe dei popoli germanici in contrapposizione alla “razza” giudaica e agli altri popoli, considerati inferiori. L’Italia, dunque, con la sua immagine classica e la natura mediterranea tanto amata dalle popolazioni nordiche, non riesce più a stare al passo con un’idea di modernità che vede la sua concretizzazione, nella letteratura, con la produzione artistica proveniente dalla Scandinavia. I modelli per gli scrittori tedeschi diventano ora Henrik Ibsen, Jens Peter Jacobsen, Ola Hansson, August Strindberg e, successivamente, il premio Nobel per la letteratura Knut Hamsun. La serenità e l’austerità classica lasciano il posto all’inquietudine dell’individuo perso nella metropoli, al silenzio di Dio, alla psicopatologia dell’inconscio, alla critica del mondo borghese.

Thomas Mann, avido lettore e fervente ammiratore della coeva letteratura scandinava, si situa nel solco di questo fenomeno sociale, agevolato dalla posizione strategica e dalla storia della sua natale Lubecca. È leggendo il romanzo del norvegese Alexander Kielland Garman & Worse, pubblicato nel 1880, un testo che segue la nascita, il successo e la decadenza dell’impresa commerciale che dà il titolo all’opera, che Mann trarrà lo spunto per Buddenbrooks (“Buddenbrook”, 1901). Hans-Joachim Sandberg nota, inoltre, gli influssi del tardo Ibsen sulla produzione manniana (Hans-Joachim Sandberg 1996). Un romanzo su tutti, però, ha influito in maniera preponderante, fornendo uno spunto fondamentale per la composizione di Tonio Kröger.

Il romanzo in questione è Niels Lyhne (“Niels Lyhne”, 1880) del danese Jens Peter Jacobsen. Descrivendo la rilevanza di questo testo, Klaus Bohnen riporta le parole di Stefan Zweig: “[…] Stefan Zweig esprime questo entusiasmo a posteriori: ‘Niels Lyhne, con quanto ardore, con quanta passione abbiamo amato questo libro nei primi anni di veglia della nostra giovinezza: era il Werther della nostra generazione.’” (Bohnen 1988: 67). Pubblicato anch’esso nel 1880, il testo segue la vita del suo omonimo protagonista, dalla sua infanzia fino alla sua “inutile morte”, avvenuta in un ospedale militare sul fronte della Seconda guerra dello Schleswig tra Prussia e Danimarca.

Niels è il figlio di due genitori caratterialmente agli antipodi. Mentre sua madre è una donna sognatrice, passionale e sentimentale, amante della poesia e nemica delle ristrettezze emotive dei suoi famigliari, suo padre è, al contrario, un uomo placido e pragmatico, tipico gentiluomo di campagna, dedito alla cura della sua tenuta e al mantenimento di una vita calma, ripetitiva e rassicurante. Il giovane protagonista vive dunque fin da piccolo questa perenne scissione di derivazione genitoriale tra un idealismo intraprendente e sognante e una razionalità paralizzante, conducendolo sull’orlo dell’incapacità di agire, ma rendendolo comunque affamato di vita e di risposte esistenziali. Niels è un individuo che non riesce a liberarsi dalla malinconia che lo pervade, irretendo la sua capacità di vivere appieno. Afflitto anche egli da una Sehnsucht che non gli lascia scampo, sente il solco profondo che lo separa dai suoi simili e che gli impedisce di sfuggire al senso di crisi esistenziale profonda dalla quale è attanagliato. Tema cardine del romanzo è il silenzio di Dio: Niels si confronterà lungo tutta la sua vita con un Dio onnipresente nei pensieri dell’essere umano, ma sordo nei confronti delle grida di aiuto delle sue creature. Una serie di tragedie personali porterà il protagonista ad allontanarsi dalla fede, mettendo in dubbio l’esistenza stessa di Dio, fino alla fine dei suoi giorni.

Come notato sempre da Hans-Joachim Sandberg, la narrativa di Tonio Kröger viene sviluppata da Thomas Mann avendo come punto di riferimento proprio Niels Lyhne. Tonio e Niels condividono la stessa Sehnsucht e lo stesso senso di crisi esistenziale, nonché la stessa vocazione creativa verso la poesia. Entrambi gettati dalla loro condizione di nascita in un punto indefinito a metà strada tra due poli, i due protagonisti percorrono le stesse vie, quelle di Copenaghen e della campagna danese, sempre spinti alla ricerca di una definizione nella propria società che non arriverà mai. Tonio e Niels vivono il loro senso di crisi, inoltre, all’ombra di un’altra grande figura letteraria, quell’Amleto principe di Danimarca citato a più riprese proprio da Tonio, il quale concretizza il suo sentimento di vicinanza nei confronti del personaggio shakespeariano recandosi al castello di Kronborg, ad Helsingør, cittadina conosciuta ai più come Elsinore.

 


Se tutto il racconto può essere interpretato dunque come un omaggio alla Danimarca e alla sua letteratura, Thomas Mann compie un’operazione di contrasto e di distacco nei confronti del modello di Jens Peter Jacobsen. Osservando un gruppo di danesi in festa, tra i quali sembrano apparire gli antichi amori mai dimenticati Hans e Ingeborg, Tonio compie una scelta precisa, così come traspare dall’ultima lettera indirizzata all’amica Lisaweta Iwanowna. È la rivendicazione del suo amore per la vita che si manifesta nel gewöhnlich (“quotidiano”) e nella Gewöhnlichkeit (“quotidianità”) incarnata in esseri umani come Hans e Ingeborg. È la presa di coscienza della propria unicità, quella condizione che lo ha sempre reso fuori posto sia tra i borghesi che tra gli intellettuali della sua generazione. Questa felice accettazione, che non nega la Sehnsucht e l’invidia provata, ma anzi la sublima, giunge in un luogo geografico che è, nel momento in cui viene scritto il racconto e per l’immaginario collettivo tedesco, idealizzazione della forza vitale e commistione di antica e moderna bellezza. Con un gioco ironico, Mann propone una visione della cultura danese contrastante proprio col senso di crisi imperante nella letteratura del periodo ed emergente soprattutto nell’opera di Jacobsen. L’esperienza di Tonio, tuttavia, rimane superficiale, rimanendo confinata ai luoghi letterari e di villeggiatura. La terra dove il protagonista vive il suo percorso di affermazione rimarrà, dunque, una terra tanto vicina quanto sublimata ed estranea, punto di convergenza tra le culture del Baltico ed egualmente così distante dalla borghese Lubecca, dove Tonio, tornato per una sosta lungo il viaggio verso Nord, non verrà riconosciuto, ma anzi verrà scambiato per un fuggitivo.

Se la luce viene dal Nord, citando un motto caro alla Schwärmerei (“trasporto”) filo-scandinava, sarà nella luce della tarda estate danese che Tonio farà chiarezza sulla sua condizione, arrivando infine a superare la sua crisi esistenziale tramite una positiva, e felice, accettazione.

 

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Apparato iconografico:

Immagine 1: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/2/20/Thomas_Mann_early.jpg

Immagine 2 e immagine di copertina: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/thumb/e/e2/KronborgCastle_HCS.jpg/375px-KronborgCastle_HCS.jpg