“Mosca 2042”, la distopia tragicomica di Vladimir Vojnovič

Eleonora Mancinelli

 

Abstract:

“Moscow 2042”, the Tragicomic Dystopia of Vladimir Voinovich

This paper analyses Vladimir Voinovich’s novel Moskva 2042 (“Moscow 2042”). The protagonist, the dissident writer Vitalii Kartsev, travels sixty years into the future, landing in the imaginary state of Moscorep, the world’s first communist republic led by the messianic figure of Genialissimus. Moscow of 2042 is an apparently utopian city that seems to have reached the highest stage of development, but all this soon turns out to be an illusion. The author does not structure the novel according to the characteristics of the traditional dystopian genre and rather chooses to include features typical of other genres, such as political fiction, realism, the grotesque, intertextuality, parody, etc. Moskva 2042 warns its contemporary readers to shun all utopian pretensions: to do so, Voinovich exploits the typical principles of dystopian literature and takes a critical stance towards his contemporaneity,  deconstructing the myths that permeate Soviet society and depicting with satire and irony a carnivalesque, tragicomic future. In the novel, one can identify several themes that are as relevant today as they were in the past: the role of power, of writers as creative individuals, and of propaganda and the cult of personality.


 

Nella Mosca del futuro, incontrai molte persone simili a gente conosciuta nel passato.

(Vojnovič 2013: 112)

 

Pubblicato nel 1986, Moskva 2042 (“Mosca 2042”) rappresenta uno tra i più interessanti esperimenti di letteratura di stampo distopico del periodo della perestrojka. Il romanzo racconta il viaggio nella Mosca del futuro dello scrittore dissidente ed emigrato Vitalij Karcev, una figura le cui vicende di vita possono essere assimilate in parte a quelle dell’autore, Vladimir Vojnovič (1932-2018), espulso nel 1974 dall’Unione degli scrittori a causa della sua attiva partecipazione ai movimenti per i diritti umani, poi costretto a lasciare il paese nel 1980.

La vicenda di Karcev prende il via dalla Monaco del 1982, dove viene a conoscenza di innovativi e avveniristici viaggi nel futuro organizzati dalla compagnia aerea Lufthansa. Lo scrittore, spinto dalla voglia di avventura e dalla possibilità di raccogliere del materiale per la sua prossima opera, si reca dunque sessanta anni nel futuro, nella Mosca del 2042. Karcev atterra nello Stato Unico di Moscorep (Moskovskaja Kommunističeskaja Respublika, Repubblica Comunista Moscovita), primo luogo al mondo dove ha trionfato il comunismo più vero (Vojnovič 2013: 113), realizzatosi nella sua totalità solo all’interno della città di Mosca che è circondata da tre grandi anelli: la Prima, Seconda e Terza cerchia che rappresentano rispettivamente le Repubbliche sovietiche, i Paesi socialisti e quelli capitalisti. Lo scrittore viene accolto con gioia da alcuni delegati del governo che lo esaltano come uno dei più grandi autori del passato. La società del futuro appare in un primissimo momento aver raggiunto uno stadio di sviluppo di gran lunga superiore a quello del 1982. Questa nuova realtà sembra, di fatto, agli occhi di Karcev un vero e proprio miracolo. Egli, tuttavia, ben presto inizierà a notare le prime crepe di un sistema che in superficie appare utopico, ma che si rivelerà pregno di difetti: “Io li guardavo stupito e anche con un po’ di apprensione. Mi parve che fossero tutti un po’ tocchi […].” (Vojnovič 2013: 114)

Una delle prime storture che il protagonista nota è l’atteggiamento che i komunjane (comuniani), coloro che vivono sotto la cupola di vetro di Moscorep, hanno nei confronti del loro “Messia”, il Genialissimus. Questo personaggio, che per gran parte del libro può essere considerato un’entità più che una persona in carne ed ossa, guidò la Grande rivoluzione di Agosto, evento che condusse alla definitiva realizzazione del comunismo. La reverenza che tutti i comuniani hanno nei confronti del Genialissimus è in tutto e per tutto paragonabile alla venerazione religiosa di una figura messianica, il condottiero della rivoluzione è infatti considerato l’erede di Gesù Cristo, il primo comunista. (Vojnovič 2013: 117) Questo tipo di religiosità laica, ben noto ai cittadini sovietici, trabocca di tutte le caratteristiche proprie di un culto religioso: un Dio che controlla e vigila su tutto e su tutti dall’alto (il Genialissimus si trova nello spazio, dove dalla sua navicella controlla il giusto proseguire della Storia), la presenza di Sacre Scritture e testi che esaltano la vita del Messia e, infine, una ritualità fatta di gesti come il segno della croce, a Moscorep i comuniani si tracciano lungo il corpo il segno della stella.

L’intento parodico e satirico con cui Vojnovič intraprende la scrittura di questo romanzo è chiaro sin da subito. Il lettore di Moskva 2042 è trasportato insieme a Karcev in un mondo in cui tutto è paradossale, e sebbene sia ambientato nel futuro si percepisce in maniera nitida il carattere non-profetico del romanzo.

Numerose sono le immagini che creano associazioni tra la vita dei comuniani a Moscorep e la vita dei cittadini dell’Unione Sovietica, ad esempio l’attività di fare la fila per ricevere del cibo, o ancora la presenza di solenni ritratti dei leader nei luoghi pubblici. Vojnovič decostruisce infatti uno ad uno i miti culturali sovietici, li mette apertamente in ridicolo e dipinge un ritratto poco lusinghiero dell’ideale del tanto anelato radioso avvenire. L’autore polemizza gli assunti fondamentali del comunismo attraverso una serie di giochi di giustapposizioni e abbinamenti di immagini culturali simili ma opposte tra loro. La figura del “Geniale segretario generale” si basa satiricamente e parodicamente su un gioco linguistico di associazioni fonetiche con l’epiteto che la cultura di massa degli anni Settanta e Ottanta avrebbe collegato alla figura di Stalin, a cui dopo la vittoria della Seconda Guerra Mondiale venne conferito il grado militare di “Generalissimo”. Ancora, Vojnovič “dimostra l’assurdità delle componenti fondamentali della dottrina comunista” (Pokotylo 2013: 63), ne demistifica e parodizza il sistema concettuale associando i concetti marxisti di “primario” e “secondario” agli escrementi umani (prodotto secondario) che i comuniani sono costretti a raccogliere e consegnare per poter ricevere dei coupon che gli servono per soddisfare i loro bisogni primari, ad esempio mangiare. Anche la deformazione del linguaggio che si era creata in Unione Sovietica diventa impetuosamente oggetto di satira attraverso l’esasperazione dell’uso di burocratismi inutili e ridondanti: a Moscorep le strade, gli uffici, gli organi di governo e gli abitanti, Karcev compreso, avevano cambiato nome, tutto viene rinominato e abbreviato, anche a quei luoghi che non necessitavano di essere rinominati era stato assegnato un nuovo nome: il bagno a Moscorep si chiama “gabevaspo”, gabinetto di espulsione spontanea.

Tutte queste similarità tra la sua contemporaneità e il mondo del futuro servono all’autore ad adempiere al compito di ogni opera distopica: ripensare le categorie sociali, i concetti politici, le idee di Stato e di strutture di classe; è infatti nelle primissime pagine del romanzo che Vojnovič rivela apertamente la sua intenzione: non tanto quella di prevedere profeticamente il futuro della Russia, ma di descrivere in modo parodico, satirico, ma soprattutto critico la sua contemporaneità.

“[…] il compito della letteratura non è prevedere i traguardi della scienza […] «È possibile», concesse Rudi. «Però gli scrittori di fantascienza non hanno previsto solamente delle invenzioni tecniche, ma anche l’evoluzione della società contemporanea verso il totalitarismo. Prendi Orwell [George, 1984], per esempio. Non ha forse dipinto minuziosamente la realizzazione di quel sistema che esiste da voi oggi in Russia?» «Di certo non l’ha previsto», replicai. «Orwell ha scritto una parodia di qualcosa che già esisteva nella sua epoca […]».” (Vojnovič 2013: 15)

Vojnovič dunque, riflettendo sul genere distopico stesso, si pone in aperto dialogo con gli altri romanzi analoghi della tradizione occidentale e non. Tra gli esempi letterari citati più importanti si trova l’opera che può essere considerata il romanzo russo distopico per antonomasia: My (“Noi”, 1924) di Evgenij Zamajtin (1884-1937), con cui Vladimir Vojnovič condivide anche l’esperienza di scrittore emigrato. In entrambi i romanzi, i mondi creati dagli autori sono governati da un autocrate dal nome evocativo: Benefattore in Zamjatin e Genialissimus in Vojnovič, come d’altronde accade con la figura del Grande Fratello nel già citato 1984. Tra gli altri autori con cui Moskva 2042 si trova a dialogare c’è Michail Bulgakov (1891-1940), Vojnovič infatti, oltre ad attingere alle povesti Sobač’e serdce (“Cuore di cane”, 1925) e Rokovye jajca (“Uova fatali”, 1925) per la loro spiccata ironia critica nei confronti della burocrazia sovietica, cita direttamente alcune parole tratte da Master i Margarita (“Il Maestro e Margherita”, 1966) “«I manoscritti non bruciano!» mi ricordò, beffarda, la dannata citazione di uno scrittore preliminare.” (Vojnovič 2013: 318)

I paradigmi culturali e politici che sostengono l’utopia comunista pagina dopo pagina si disintegrano di fronte agli occhi del lettore (Novikov 2000: 501) attraverso l’espediente letterario del cortocircuito, che produce straniamento. Tra i numerosi elementi cari al potere sovietico e ai regimi totalitari, che Vojnovič mette in ridicolo si ricordano gli slogan di propaganda, efficaci metodi di promozione dell’ideologia sia nel passato, sia nel futuro. Gli slogan di Moscorep e la loro seriosità suscitano il riso del lettore: “Chi spreca acqua è nemico del popolo” (Vojnovič 2013: 145), o ancora “Chi consegna il prodotto secondario fa sesso al meglio” (Vojnovič 2013: 170) Allo stesso modo in cui si prende satiricamente gioco degli slogan tipici dell’Unione Sovietica, Vojnovič si comporta in maniera analoga con l’altro elemento caratteristico della propaganda: i manifesti. Uno dei manifesti sovietici più celebri del periodo della guerra civile (1917-1922) rappresenta un soldato che puntando l’indice verso chi sta leggendo gli chiede con fare intimidatorio: “«Ti sei arruolato come volontario?»”, Vojnovič lo riprende e ne ribalta totalmente la serietà e perentorietà, l’autore colloca infatti questo manifesto in uno spazio a dir poco blasfemo: sopra il lavandino di un bagno pubblico dove il disegno del soldato avvisa coloro che si trovano di fronte a lui di aver utilizzato una tinozza d’acqua di troppo. (Vojnovič 2013: 146)

Lungo tutto il romanzo è dissipata una serie di minuziose descrizioni che danno vita a potenti e continui cortocircuiti funzionali allo straniamento che l’autore intende creare. Quando lo sguardo del lettore viene indirizzato sui dettagli della vita quotidiana, come se fosse una cinepresa, la grandiosità esaltata dal “campo lungo” si sgretola: i medaglioni che i rappresentanti ufficiali del governo portano al collo sono di plastica, stesso materiale utilizzato per le statue celebrative del potere del Genialissimus. Sul muro di un bagno pubblico Karcev scorge una piccola scritta: “Proletari di tutto il mondo, pulitevi il culo!” (Vojnovič 2013: 124) che parodizza il più celebre “Proletari di tutto il mondo unitevi”. Anche le norme di comportamento affisse nei luoghi pubblici suscitano confusione e ilarità nel lettore: nei bagni pubblici non ci si può lavare con il soprabito, né suonare uno strumento musicale, anche nella casa dell’amore non è permesso suonare strumenti musicali, e non sono nemmeno consentiti conflitti utilizzando l’attrezzatura sessuale.

Lo straniamento è dovuto anche a una serie di immagini ossimoriche: tutto è il contrario di tutto, si è liberi di fare fotografie, ma non si può assolutamente utilizzare il rullino; le registrazioni sono permesse, ma ad essere proibite sono le cassette e le pile. (Vojnovič 2013: 136). Moscorep è un luogo in cui non esistono anziani o malati, tutti i comuniani sono giovani e godono di una salute impeccabile, coloro che si ammalano vengono spediti nella Prima cerchia, questo perché al di fuori dei confini della città si può morire. Lo stesso accade per i criminali: a Moscorep non ce ne sono e di conseguenza non è in vigore la pena di morte, ma chiunque si macchi un reato viene spedito nella Prima cerchia, dove la pena di morte non è ancora stata abolita. A Moscorep tutti gli scrittori godono di piena libertà creativa, ma loro stessi hanno deciso unanimemente di scrivere solo una raccolta di opere dedicata al Genialissimus; a Moscorep non esiste nessuno che abbia scritto qualcosa in versi sui propri sentimenti, ma nella Prima cerchia sì.

Ad essere centrale nella critica di Vojnovič è proprio il destino delle personalità creative all’interno dei totalitarismi. Il concetto di spontaneità e libertà creativa viene parodiato e portato all’estremo: gli scrittori a Moscorep oltre che avere il compito di rafforzare i legami con le masse pulendo patate e spazzando le strade, per scrivere si ritrovano tutti in un luogo caldissimo, dove, seduti a torso nudo su dei banchi di scuola, scrivono le loro opere attraverso una tastiera collegata al nulla. La letteratura del futuro non viene stampata, viene raccolta in un unico testo da un computer generale che sceglie le parole ed espressioni ideologicamente più coerenti. L’unica opera ad avere il privilegio di essere stampata narra le vicende del Genialissimus, conta novantasei capitoli (non tutti ancora compiuti) e viene collettivamente composta da un gruppo di scrittori di rango superiore ai precedenti, che, come se fossero parte di un “processo industriale” (Novikov 2000: 504) si dedicano laboriosamente ad essa.

Quando Karcev si reca nella Mosca del futuro viene accolto da una serie di personaggi curiosi dai nomi improbabili (Propaganda, Scintilla, Padre Stellarij), tutti rappresentanti del governo che magnificano ampiamente i suoi successi letterari. Come già accennato all’inizio, lo scrittore era infatti diventato celebre nella Mosca del 2042 grazie ad un libro che non sapeva ancora di aver scritto. A detta del comitato di accoglienza, la sua critica sferzante, coraggiosa e scevra di ipocrisie nei confronti del sistema a lui contemporaneo, per la quale venne punito nella sua epoca, aveva avuto un ruolo positivo per il movimento che era sfociato nella Grande rivoluzione d’agosto. (Vojnovič 2013: 118) Questo libro, ironicamente, non era mai stato letto, né dall’autore stesso, essendo il libro stato scritto nel 1986, anno che Karcev non aveva ancora vissuto, né dai comuniani che sostenevano di averlo studiato, ma non letto, in quanto leggerlo era vietato o meglio: “Qui non è proibito niente. Semplicemente, i nostri bisogni relativi alla letteratura preliminare sono pienamente appagati.” (Vojnovič 2013: 139)

I contenuti del libro, tuttavia, non erano del tutto favorevoli alle ideologie della società futura, uno dei personaggi rappresentava infatti una minaccia per il Genialissimus. Sim Simič Karnavalov fervente oppositore del comunismo, conoscente dello stesso autore e figura che molti critici associano a quella di Aleksandr Solženicyn è il diretto erede di Nicola II. Karnavalov si era sottoposto ad un processo di congelamento allo scopo di tornare in vita e salvare la Russia del futuro dai “rapaci comunisti”. La presenza di questa nuova figura messianica doveva essere eliminata e l’unico che poteva farlo era Karcev, colui che per primo aveva raccontato della Seconda Venuta del nemico. Eliminandolo dalla sua narrazione gli eventi nefasti legati all’arrivo a Mosca di Karnavalov sarebbero stati sventati. Esattamente come l’autore, anche il suo protagonista si rivela non essere in grado di censurare e modificare i suoi testi al fine di farli aderire a una qualsiasi ideologia politica e morale differenti dalle sue, affermando il valore della libertà creativa, spiega: “Se fossi stato capace di correggere i miei romanzi, non ci sarebbe stato un motivo per venire da voi. Sarei ancora lì, in epoca socialista, con cultisti, volontaristi, corruzionisti e riformisti, sapete che carriera che avrei fatto!” (Vojnovič 2013: 298) Vojnovič evidenzia quindi la fondamentale responsabilità degli artisti che non aderiscono ai dettami dell’ideologia.

Rifiutandosi di collaborare Karcev verrà sottoposto ad una serie di penitenze. Il conflitto tra il regime e l’individuo creativo si risolve con un nuovo ribaltamento della narrazione, Karcev, seppure con uno stratagemma, al fine di salvarsi scende a patti con il regime e modifica la sua opera. Vojnovič con la sua sottile ironia mette così in luce il tragico destino dell’artista e dell’arte all’interno dei totalitarismi. La scelta di Karcev risulterà al contrario di ogni pronostico nefasta per il comunismo e per Moscorep, ma non intaccherà la ciclicità della storia che continuerà il suo corso con un nuovo tiranno e un nuovo totalitarismo.

Concludendo, l’uso parodico, satirico e critico che Vojnovič fa del genere distopico rappresenta una sfida alle ideologie e ai discorsi politici a lui contemporanei. Il romanzo supera i confini del genere distopico e allarga i suoi orizzonti con contaminazioni che spaziano dalla fantapolitica alla parodia, passando per il grottesco. Il coinvolgimento attivo di elementi reali e pertinenti alla vita quotidiana della Russia socialista rende il romanzo una denuncia veritiera e trasgressiva dei totalitarismi. L’autore stesso, che definisce la sua opera come “romanzo-avvertimento” con essa tenta di mettere in guardia i suoi lettori invitandoli a rifuggire ogni sorta di pretesa e promessa utopica.

 

 

Bibliografia:
Aleksandr Smirnov, “Russkaja literaturnaja antiutopija rubeža XX-XI vv. (problema tipologii)”, in Vesnik BGU, Vol. 4, No. 3, 2006, pp. 29-33.

Michail Pokotylo, “Roman V. N. Vojnoviča Moskva 2042: specifika žanra”, in Kul’turnaja žizn’ Juga Rossii, No. 1, 2013, pp. 62-65. (La traduzione dell’estratto tratto da questo testo è stata fatta per l’occasione da me E.M)

Tatjana Novikov, “The Poetics of Confrontation: Carnival in V. Voinovich’s Moscow 2042”, in Canadian Slavonic Papers, Vol. 42, No. 4, 2000, pp. 491-505.

Valerija Grekova, “Žanrovaja specifika antiutopii na primere romana V. Vojnoviča Moskva 2042”, in Modern Studies of Social Issues, Vol. 11, No. 6, 2019, pp. 77-96.

Vladimir Vojnovič, Mosca 2042, Milano, Dalai Editore, 2013. Traduzione di Elena Murdaca.

Sitografia:

Antiutopija v russkoj literature vtoroj poloviny XX veka. https://www.ukrlib.com.ua/sochin-rus/printout.php?bookid=17&id=40 (ultima consultazione: 12/01/2024)

Apparato iconografico:

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