“Proteggi le mie parole”: isole di libertà nella Russia contemporanea

Martina Mecco

 

La casa editrice Edizioni E/O ha recentemente pubblicato Proteggi le mie parole, volume a cura di Sergej Bondarenko e Giulia De Florio corredato da una prefazione di Marcello Flores. I testi riuniti all’interno della raccolta sono stati tradotti da un collettivo di traduttrici e traduttori: Ester Castelli, Luisa Doplicher, Axel Fruxi, Andrea Gullotta, Sara Polidoro, Francesca Stefanelli e Claudia Zonghetti.

Link al libro: https://www.edizionieo.it/book/9788833576008/proteggi-le-mie-parole

Proteggi le mie parole - AA.VV.


Proteggi le mie parole, il cui titolo si deve a un verso del poeta russo Osip Mandel’štam “Proteggi le mie parole per sempre…“, è un volume che raccoglie i poslednie slova (gli “ultimi discorsi”) di venticinque condannati politici nella Russia contemporanea. La raccolta, organizzata in ordine cronologico, si apre con quello di Maksim Smyšljaev, pronunciato il 9 agosto 2017, e si chiude con quello di Viktorija Petrova del 3 agosto 2022. Come riportato nel risvolto anteriore della copertina “[l]’idea del volume nasce da una semplice constatazione: in Russia, negli ultimi vent’anni, corrispondenti al governo di Vladimir Putin, il numero dei processi giudiziari è aumentato in maniera preoccupante, significativa.” La tendenza coercitiva del governo russo è, d’altronde, tutt’altro che mascherata nei suoi beceri meccanismi e nel suo progressivo intensificarsi. Un sistema che si è ancor più aggravato all’indomani dell’inizio dell’invasione su larga scala che dal 24 febbraio 2022 sta dilaniando il suolo ucraino, come scrivono De Florio e Bondarenko “[a]bbiamo messo insieme questo libro in tempo di guerra.”

Dmitrij Muratov, caporedattore della testata russa “Novaja Gazeta”, durante il suo discorso in merito al Premio Nobel per la Pace conferitogli l’8 ottobre dello scorso anno affermava che [s]i è creata l’illusione che il progresso possa essere realizzato con la tecnologia e la violenza, e non attraverso il rispetto dei diritti e delle libertà dell’uomo.” Parrebbe difficile riuscire a sintetizzare in modo più efficiente i contorni dello status di cui è oggi protagonista la società russa contemporanea. Sempre in quei mesi che chiudevano il 2021, come sottolineato nella prefazione da Flores, l’ONG russa Memorial, dopo anni di limitazioni, è stata dichiarata inostrannyj agent (agente straniero) e, successivamente, si è giunti alla sua liquidazione. La stessa redazione della citata “Novaja Gazeta” è stata chiusa dal governo russo inseguito al febbraio. Le questioni della Gazeta e di Memorial sono solo due dei tanti eventi che evidenziano in modo chiaro come la dimensione della libertà, come lo stesso parlare dei confini della libertà personale e collettiva in Russia sia diventato pericoloso. La svoboda deve essere controllata, mutilata e messa a tacere. Sempre a proposito di libertà, nel conferimento del Premio Nobel per la Pace – assegnato al bielorusso Ales’ Bjaljacki, a Memorial e al Centro ucraino per le libertà civili per “per i loro sforzi nel documentare crimini di guerra, violazioni dei diritti umani e abusi di potere” – si potrebbe citare quanto affermato da Jan Račinskij. Verso la fine del sua discorso, Račinskij si riallaccia alla figura di Aleksandr Puškin, per evidenziare il valore fondativo della libertà in relazione alla memoria: “Duecento anni fa, Puškin concepiva il fondamento dell’autosovranità umana, della sua dignità e della libertà personale nel sentimento di appartenenza al passato, nell’amore per ‘le ceneri natie’ e per ‘le tombe dei padri’. Il lavoro di Memorial si fonda anche sul legame inestricabile tra memoria e libertà.”

Lodevole è la curatela del volume. La prefazione di Marcello Flores si presenta come un’ottima contestualizzazione del momento e del ruolo che ha la pubblicazione di Proteggi le mie parole, citando direttamente le parole dello studioso “[i]l mondo ha sempre avuto bisogno di tempo, di troppo tempo, per rendersi conto che le voci che giungevano da luoghi insoliti, spesso ritenuti inesistenti perché incredibili alla ragione e al buon senso, erano non solo vere, ma capaci di raccontare aspetti e sentimenti estremi […].” (p.7) Sempre nella parte introduttiva, inoltre, è presente lo scritto Ieri come oggi: lasciatemi parlare di Sergej Bondarenko e Giulia De Florio – rispettivamente membri dell’associazione russa e di quella italiana di Memorial – che si apre con una citazione del poslednoe slovo di Julij Daniel’ del 1966. Il discorso di Bondarenko e De Florio riesce nel delineare molto bene l’importanza e il radicarsi di questa, si potrebbe quasi definire, “tradizione” degli “ultimi discorsi” che nel corso del secolo scorso “divennero strumento di autorappresentazione” (p. 15). A tal proposito, il discorso dei due curatori mette bene in luce anche un altro aspetto fondamentale, ovvero il parallelismo che intercorre tra il ruolo dei poslednie slova nella Russia contemporanea e la loro funzione in epoca sovietica. Citando ancora Bondarenko e De Florio “[s]e abbiamo deciso di presentare testi che si riferiscono agli ultimi cinque anni è per mostrare che oggi, proprio come ai tempi dell’URSS, l’ultima dichiarazione in un’aula di tribunale è ancora l’ultimo confine di libertà.” (p.17) Infine, la curatela dell’opera comprende anche la decisione – necessaria per il lettore italiano non così avvezzo alla questione – di note esplicative che seguono ciascuna traduzione dei discorsi per delineare la figura e il ruolo sociale di coloro che li hanno pronunciati. Come sottolineato dagli stessi curatori, si tratta di personalità di diversa natura, dal regista Kirill Serebrennikov al giovane collettivo DOXA, passando per Jurij Dmitriev e due esponenti delle Pussy Riot.

Benché evidente, sarebbe forse riduttivo concludere affermando che la raccolta edita da E/O Edizioni in collaborazione con Memorial si presenta al pubblico italiano come un “testo necessario”, bisognerebbe piuttosto riflettere sui presupposti che lo rendono tale. In un momento storico come quello che si sta affrontando, in cui ad alzarsi sono le voci di molti, occorre lasciar parlare coloro che nei loro discorsi veicolano valori e testimonianze in grado di spiegare e far conoscere la realtà che un paese come la Russia sta affrontando da oltre vent’anni. La libertà, diritto che nel “bel paese” viene spesso dato per acquisito a data da destinarsi e secondo un tempo indeterminato, deve essere difesa e custodita anche attraverso i transfer culturali che si hanno a disposizione. Ecco dunque che la traduzione dei poslednie slova diviene un mezzo attraverso cui i singoli flatus voci che riempiono le aule dei tribunali russi possono diventare urla contro la violazione dei diritti, una polifonia di voci che educhi gli ascoltatori alla lotta al potere e alla difesa dei valori umanitari fondamentali.

 

Sitografia:

Mir, Pamjat’, Svoboda. Nobelevskoe vystuplenie laureata Nobelevskoj Premii Mira 2022 goda “Memorial” v lice Jana Rančinskogo, Oslo, 10 dekabrja 2022 goda https://www.nobelprize.org/prizes/peace/2022/memorial/202287-nobel-lecture-russian/.

Un antidoto alla tirannia: il discorso del Nobel di Dmitrij Muratov, “Est/ranei”, 31/12/2021 (traduzione di Anna Mangiullo e Anastasia Komarova) https://www.estranei.org/2021/12/31/un-antidoto-alla-tirannia-il-discorso-del-nobel-di-dmitrij-muratov/.