Numero VI, Tragitti

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Nota Editoriale

Il presente numero, il sesto realizzato da Andergraund Rivista, nasce dalla volontà di indagare in che modo il concetto di spostamento possa essere rappresentato nelle diverse possibilità che le forme letterarie e documentaristiche mettono a disposizione. Puntando, come da tradizione della rivista, su un approccio quanto più possibile eterogeneo, l’intento è dunque quello di mostrare queste differenti realizzazioni all’interno dei contesti dell’Europa Centrale e Orientale, rispettivamente nell’area slava, tedesca e magiara. Da un punto di vista formale, il numero contiene non solo articoli, ma anche recensioni, interviste e traduzioni.

Nella sezione di Balcanistica sono presenti due articoli, uno di Marco Biasio dedicato all’opera Il pincipe del fuoco di Filip David. Nel secondo, invece, Federica Florio realizza un’analisi di Freelander dello scrittore bosniaco Miljenko Jergović. La sezione si conclude con una recensione a cura di Marco Jakovljević al volume edito da Bottega Errante Capire la Rotta Balcanica. Segue, per la prima volta in assoluto, una sezione di bulgaristica che si spera possa trovare un suo posto fisso anche nei numeri futuri, con un contributo di Cristiano Schirano incentrato sull’ultimo libro della scrittrice bulgara Kapka Kassabova edito in italiano con il titolo Il lago. La sezione di boemistica contiene due articoli dedicati a opere appartenenti a due grandi protagonisti della letteratura ceca della prima metà del Novecento e contemporanea. Rispettivamente Karel Čapek, del quale Bianca Dal Bo analizza il reportage Viaggio al Nord, e Marek Šindelka, autore de La fatica dei materiali, opera a cui Michele Maltauro ha dedicato il suo contributo. La sezione di ungaristica presenta invece l’articolo di Marianna Kovacs che analizza una delle opere di Dezső Kosztolányi, Kornél Esti.

Nella sezione di russistica sono presenti contenuti eterogenei. Due gli articoli dedicati a reportage di viaggio: quello di Sara Deon, che analizza C’era una volta l’URSS di Dominique Lapierre e Jean-Pierre Pedrazzini, e quello di Stefania Feletto che, invece, mostra le peculiarità dell’opera dei giornalisti Il’f e Petrov. Oggetto di analisi sono anche opere di autori ormai canonizzati a “classici” della letteratura russa. In primo luogo, Afanasij Nikitin, la cui opera Viaggio in tre mari è al centro del contributo di Laura Cogo. Nell’articolo di Marianna Di Labbio viene sviluppata un’analisi della dimensione del viaggio in Čevengur di Andrej Planotov. Silvia Forzani, rifacendosi alla critica lotmaniana, delinea le caratteristiche della doroga nel poema in versi Le Anime Morte di Nikolaj Gogol’.  Il contributo di Giorgio Scalzini guarda invece alla contemporaneità, proponendo un’analisi del fenomeno dei popadancy. Martina Mecco e Riccardo Mini hanno realizzato la traduzione del reportage da Odessa redatto dalla giornalista di “Novaja Gazeta” Elena Kostjučenko, che è accompagnata da un’introduzione di Maria Castorani. Di Martina Mecco, sulla scia del reportage russo, è presente un contributo dedicato all’analisi del lavoro di reportage di Wojciech Jagielski, Anna Politkovskaja e Irena Brežná nel contesto della Prima e della Seconda Guerra Cecena. Riccardo Mini è, invece, autore di un reportage di un viaggio in Transiberiana, qui ripubblicato a seguito della sua prima apparizione online nel 2019. All’interno della sezione di germanistica è presente il contributo di Silvia Girotto dedicato a un’opera minore dello scrittore Heinrich Böll incentrata sulla sua personale esperienza in Irlanda. Si è deciso, inoltre, di inserire la recensione a L’imperatore d’America di Martin Pollack, già pubblicata sul sito di Andergraund Rivista lo scorso gennaio – anch’essa a cura di Silvia Girotto. Nella sezione di polonistica, che conclude il numero, sono dapprima presenti tre contenuti connessi alla tradizione del reportage polacco. Innanzitutto, un’intervista a cura di Martina Cimino al giornalista polacco Mariusz Szczygieł e, in seguito, due contributi di Giulio Scremin, rispettivamente una recensione del libro Bucarest polvere e sangue di Margo Rejmer e un’intervista all’autrice. Infine, il numero si chiude con un intervento di Eleonora Smania dedicato a Stansław Lem e all’opera Memorie di un viaggiatore spaziale.

Come a partire dal quarto numero, anche quest’ultimo è stato realizzato attraverso la partecipazione di membri interni alla redazione e attraverso una call for papers volta ad accogliere contributi anche da esterne ed esterni. Decisione che rispetta il principio della rivista di essere il quanto più possibile in un  dialogo dinamico con l’esterno e volta a diventare una piattaforma non solo più legata al singolo ateneo patavino, ma di carattere internazionale. Inoltre, a partire da questo sesto numero, si è deciso di introdurre anche la presenza di abstract in lingua inglese per internazionalizzare i contributi e favorire la fruizione anche da parte di un pubblico straniero. Si ringraziano, dunque, tutte e tutti coloro che hanno reso possibile la realizzazione di quest’ultimo volume.

 

 

Editorial Note

The present issue, the sixth thus far by Andergraund Rivista, stemmed from the desire to investigate how the concept of spatial movement can be represented in several possibilities allowed by different literary and documentary forms. As per the tradition of the journal, we focused on an approach as heterogeneous as possible, with the intent of showing these different results within the context of Central and Eastern Europe, specifically in the Slavic, German and Magyar areas. From a formal point of view, the issue contains not only articles, but reviews, interviews and translations as well.

In the Balkans section there are two papers: the first one by Marco Biasio is dedicated to the work The Prince of Fire by Filip David, whereas in the second one Federica Florio carries out an analysis of Freelander by the Bosnian author Miljenko Jergović. The section concludes with a review by Marco Jakovljević of the volume published by Bottega Errante Understanding the Balkan Route. This is followed, for the first time ever, by a section dedicated to Bulgarian studies, which hopefully will find its permanent place in future issues as well, with a paper by Cristiano Schirano focused on the latest book by Bulgarian writer Kapka Kassabova published in Italian and titled To the Lake. The Bohemian section contains two papers dedicated to works belonging to two great protagonists of Czech literature – one from the first half of the twentieth century and the other one from more contemporary times –, respectively Karel Čapek, whose contribution by Bianca Dal Bo analyses Travels in the North, and Marek Šindelka, author of Material Fatigue and the object of Michele Maltauro’s article. Moreover, the Hungarian section presents a contribution by Marianna Kovacs which analyses Kornél Esti, a work by Dezső Kosztolányi.

The Russian section provides a heterogeneous number of contributions. Two articles are dedicated to travel reports: that of Sara Deon, who analyses Once Upon a Time in the USSR by Dominique Lapierre and Jean-Pierre Pedrazzini, and that of Stefania Feletto who, instead, highlights the peculiarities within journalists Ilf and Petrov works. Object of analysis are also works by authors now canonized as “classics” of Russian literature. For a start, Afanasy Nikitin, whose work The Journey Beyond Three Seas is at the center of Laura Cogo’s paper. Marianna Di Labbio’s article provides an analysis of the journey dimension in Andrei Platonov’s Chevengur. Silvia Forzani, referring to Lotman’s criticism, outlines the various characteristics of the doroga in the poem in verses Dead Souls by Nikolai Gogol. Giorgio Scalzini’s contribution looks at the contemporary world, proposing an analysis of the phenomenon of popadantsy. Martina Mecco and Riccardo Mini have translated the report from Odessa written by journalist of “Novaya Gazeta” Elena Kostyuchenko, accompanied by an introduction written by Maria Castorani. Martina Mecco’s paper, in the footsteps of the Russian reportage, provides an analysis of the reportage work of Wojciech Jagielski, Anna Politkovskaya and Irina Brezhna in the context of the First and Second Chechen War. On the other hand, Riccardo Mini is the author of a reportage of his own Trans-Siberian trip, republished here following his first online appearance in 2019. The Germanic section includes Silvia Girotto’s contribution dedicated to a minor work by Heinrich Böll, focused on his personal experience in Ireland. It was also agreed to include the review of The Emperor of America by Martin Pollack, already published as a review on Andergraund Rivista last January and edited by Silvia Girotto. The Polish section, which concludes the issue, begins with three papers related to the tradition of the Polish reportage. First, an interview by Martina Cimino with journalist Mariusz Szczygieł and, following, two contributions by Giulio Scremin – respectively a review of the book Bucharest: Dust and Blood by Margo Rejmer and an interview with the author herself. Finally, the issue ends with an article by Eleonora Smania dedicated to Stansław Lem and his novel Memoirs of a Space Traveler.

As inaugurated with the fourth issue, the present issue was also created through the participation of internal members of the editorial staff as well as through a call for papers, aimed at welcoming contributions from external sources. A decision that is coherent with the magazine’s principle of being as much as possible in a dynamic dialogue with the outside world and aimed at becoming a platform not only more linked to the single Paduan University, but of a more international nature. Furthermore, starting from this very issue, it was mutually agreed to also introduce the presence of abstracts in English to internationalize the contributions and facilitate their fruition by a foreign, wider public. We therefore thank all those who made possible the realization of this last issue.