La strada gogoliana

Silvia Forzani

 

Abstract

The Gogolian road

This paper aims to analyze the theme of the journey in Nikolai Vasilyevich Gogol’s prose poem Dead Souls (1842). The journey described by Gogol does not represent a spiritual journey that leads the hero to improve himself or to gain some self-awareness, in fact Dead Souls is a journey to hell. After highlighting the importance of the road and the journey in Gogol’s vision, what follows is an analysis of one of the most important contribution to the literary discussion of the novel: The Problem of Artistic Space in Gogol (1968) written by Juri Lotman. Analyzing Dead Souls, the study will show how the journey taken by the antihero is a caricature of Russia: in fact, Chichikov is only a pawn eviscerating the pod of a society overburdened by degradation and vices and he himself will be the one to sink.

Il viaggio che si presenta in Mërtvye duši (“Anime Morte”, 1842) di Nikolaj Vasilevič Gogol’ non è volto al miglioramento né tanto meno ad un percorso di formazione, ma è esattamente l’opposto. Mërtvye duši di Gogol’ è un viaggio che, pagina dopo pagina, trascina il lettore sempre di più nel cuore dell’Inferno. 

Gogol’ avvia la sua storia nel capoluogo del governatorato di N., e Winston Weathers in Gogol’s Dead Souls: The Degrees of Reality (“Anime Morte di Gogol’: i gradi della realtà”, 1955) analizza la città di N. definendola come segue: “[…] è il luogo specifico di queste avventure, ma è qualsiasi villaggio nel mondo, addirittura è più simbolico di così, N. è lo stato di una qualsiasi società che da identità viva è degenerata in inferno che fa da scenario.” (p. 159)

Da N. parte il viaggio di Pavel Ivanovič Čičikov e la città ha la connotazione di non spazio, Gogol’ riempie il vuoto e per farlo deve dare una forte parvenza di consistenza, più dettagli ci sono più viene celato il vuoto. Come si è già detto, quello di Čičikov non è un viaggio di redenzione o di miglioramento di sé, ma è tutto il contrario e la negatività di questo suo viaggio è già palesata dall’autore nella prima pagina del poema in prosa. L’opera si apre infatti con il dialogo tra due mužiki russi che introducono subito il tema del viaggio commentando il mezzo di trasporto dell’antieroe: una brička molto trasandata: “«Guarda un po’» disse uno all’altro «va’ che ruota! Che pensi, ci arriverebbe quella ruota, nel caso, fino a Mosca, oppure non ci arriverebbe?» «Ci arriverebbe» rispose l’altro. «Ma a Kazan, penso io, non ci arriverebbe?» «A Kazan non ci arriverebbe» rispose l’altro. (p. 5) Il viaggio di Čičikov è già fortemente messo in discussione dalle prime pagine; infatti, la sua è una brička che si rivelerà difficile da guidare, perché molte volte gli farà sbagliare la strada portandolo, come rifletterà lui stesso, in un luogo completamente dimenticato da Dio.” (p. 55), dove il male è sempre più presente.

La strada è, insieme a Čičikov, la grande protagonista del viaggio dell’antieroe: come viene affermato dal critico Michail Bachtin in Le forme del tempo e del cronotopo nel romanzo, contenuto in Voprosy literatury i estetiki (“Estetica e romanzo”, 1975) la strada è particolarmente propizia alla raffigurazione di un evento governato dal caso.” (p. 391) La strada, in russo doroga, è l’elemento del viaggio, poiché non vi è viaggio senza strada e per Gogol’ la strada è il luogo dove tutto può cambiare, dove gli eventi si intrecciano: la brička di Čičikov svia dalla strada maestra e per questo l’accumulatore si troverà di fronte a un altro personaggio inaspettato. Inoltre, in Vita di Pavel Čičikov, ovvero le avventure di un impiegato povero, ma disonesto (2011) anche Nicoletta Marcialis sostiene che la strada arriva a sublimare il viaggio:

Qui la strada è stata portata fuori parentesi: se tutto il romanzo si svolge sulla strada, continuamente cercata, chiesta, smarrita, se è in una locanda che Čičikov incontra Nozdrëv, se è nello scontro tra due carrozze che intravede il suo bel bocconcino, il digest del capitolo XI, nella sua estrema condensazione, elimina quasi completamente l’elemento del viaggio, che affiora soltanto nell’episodio che mette fine all’infanzia del piccolo Pavlusa.” (p. 494)

La strada è dunque un cronotopo, cioè un determinante dell’unità artistica dell’opera letteraria nel suo rapporto con la realtà e, da un punto di vista cronologico, nel poema di Gogol’ essa accompagna il tempo della narrazione che coincide con il viaggio compiuto da Čičikov: l’accumulatore viaggia mentre la storia viene letta.

Il tema del viaggio è anche legato al tema dello spazio e Mërtvye duši si propone di rappresentare lo spazio russo e mostrarne mali. Jurij Lotman, nel suo saggio Problema chudožestvennogo prostranstva v proze Gogolja (“Il problema dello spazio artistico in Gogol’”, 1968) inserisce il concetto di spazio artistico, che non coincide con lo spazio fisico, ma con il modello del mondo dato dall’autore. Čičikov si muove nello spazio disegnato da Gogol’ e Lotman aggiunge al suo studio anche lo spazio orientato, ovvero condotto da una strada, che presenta una meta specifica, oppure non orientato, che si verifica quando l’eroe svia dal suo itinerario. A ogni tipo di spazio corrisponde un determinato tipo di eroe: l’eroe del locus immobile, l’eroe della strada e l’eroe della steppa. Nella sua distinzione, Lotman specifica che gli eroi del locus immobile appartengono a un luogo preciso, chiuso e morto – come i possidenti di Mërtvye duši. Alla seconda categoria appartengono quegli eroi che “[…] si spostano lungo una precisa traiettoria etico-spaziale entro uno spazio lineare, che è loro connaturato e comporta un divieto di movimento laterale.” (p. 200) Gli eroi della steppa, invece, hanno molta più libertà di movimento e possono spostarsi in ogni direzione.

Lo spazio, per nobilitarsi, deve essere non solamente vasto (o infinito), ma anche orientato (e colui che vi si trova deve muoversi verso un fine): deve essere strada. E la strada è una delle forme spaziali di base che organizzano il testo delle Anime morte. Tutti i personaggi, le idee, le immagini, si dividono in una duplice serie: quelle pertinenti alla strada, orientate, provviste di un fine e di un movimento, e quelle statiche, prive di meta.” (p. 244)

 L’eroe della strada non può quindi deviare dal suo itinerario e il soggiorno in ogni punto della traiettoria è percepito come il passaggio a una situazione successiva, che comporta, di conseguenza, un’evoluzione: ciò accade a un personaggio come Dante, ma per Čičikov più che evoluzione, è meglio parlare di regressione. La presenza della distinzione tra eroi del locus immobile e quelli  della strada è data, spiega Lotman, con la comparsa dell’immagine della strada, “[l’]immagine della strada come forma dello spazio genera anche l’idea dell’itinerario quale norma esistenziale dell’individuo, dei popoli e dell’umanità. Gli eroi si dividono nettamente in mobili e immobili. (p. 246) L’itinerario è un elemento che non ha limiti, può essere un’ascesa senza fine e una caduta senza fine.

L’intera opera gogoliana è percorsa dalla doroga, che diventa infatti la protagonista assoluta del romanzo, dal momento che tutto ruota attorno alla strada e ne dipende, Lotman, a sua volta, ne fa una distinzione importante: scinde il concetto di itinerario dal concetto di strada. La strada è un determinato tipo di spazio artistico, itinerario è il movimento del personaggio in questo spazio. L’itinerario è la realizzazione (completa o incompleta), oppure la non realizzazione della strada. (p. 244) Čičikov si muove lungo il suo itinerario infernale sul quale vengono collocati degli ostacoli, sia dal punto di vista dell’andatura della già citata brička, sia per la presenza dei possidenti, che, come nel caso di Nozdrëv, sviano il viaggio dell’accumulatore di anime e lo incanalano alla sua rovina. Come viene osservato da Lotman, i personaggi, il lettore e l’autore si trovano in uno stesso spazio, ma il punto di osservazione del lettore è invece spostato in alto, in modo da […] renderlo informato intorno agli eroi, il loro passato e il loro avvenire.” (p. 247) Il tema della strada è anche richiamato da Michael R. Kelly in Navigating a landscape of Dead Souls: Gogol’ and the Odyssean Road (“Navingando il paesaggio di Anime Morte: Gogol’ e la strada dell’Odissea”, 2005), in cui afferma: La strada non è più solo lo strumento della fuga fisica di Čičikov, ma rappresenta il potenziale per una fuga morale da un paesaggio stagnante e mortifero da parte di Čičikov, dei lettori di Gogol e persino di tutta la Russia.” (p. 48), Come si diceva all’inizio, la strada è, insieme a Čičikov, uno dei personaggi principali dell’opera, ma incarna anche un significato importante per lo stesso Gogol’, come per molti altri autori russi. Nello spazio letterario russo il concetto di doroga rappresenta il destino, è più di una semplice strada, è rappresentazione della vita e del mondo interiore di un individuo, è il flusso degli eventi,  la direzione dell’esistenza. Gogol’ impiega la doroga in modo metaforico, allegorico, che personifica il corso graduale dell’evoluzione umana: la doroga è incarnazione della vita, la strada si presenta come molto difficile da percorrere a causa di ostacoli che devono essere superati. Egli introduce così non solo le coordinate stradali, ma anche morali nella sua immagine artistica.

Il concetto di strada – doroga incarna due significati: la strada specifica volta a collegare i luoghi e la doroga come percorso di vita di una persona o di un intero paese; la strada è il simbolo del percorso dell’uomo e dell’umanità. Čičikov fa parte della strada, ne è simbioticamente connesso e richiama la sua personalità; nello studio di Donald Fanger, The Mirror and the Road (“Lo specchio e la strada”, 1978), l’autore riprende un’affermazione dello scrittore francese Stendhal per definire Čičikov: Ho in mente la nozione del romanzo di Stendhal, notoriamente improduttiva, ovvero: il romanzo come uno specchio che cammina lungo ad un sentiero. (p. 27)  Applicando la visione di Stendhal a Mërtvye duši, Fanger ritiene che “[l]o specchio che si muove lungo il sentiero è, in primo luogo, Čičikov stesso, l’eroe piatto. Come uno specchio lui incarna la superficie. (p. 27) In questi termini Fanger ricalca il carattere camaleontico di Čičikov, il quale, come una strada, si plasma in base al paesaggio che lo circonda. Uno studio aggiuntivo sullo spazio e il movimento nello spazio gogoliano è stato dato da Vittorio Strada in EuroRussia. Letteratura e cultura da Pietro il Grande alla rivoluzione, 2005, Strada scrive che “[i]l viaggio di Čičikov attraverso la Russia rurale è il viaggio di un cittadino che nel microcosmo delle proprie abitudini di vita […] riflette il macrocosmo della civiltà urbana. (pp. 26-27), Čičikov è colui che descrive la realtà che lo circonda e la descrizione fornita attraverso il suo arrivo sulla brička permette di definire le tenute dei possidenti poco alla volta, da una visione di insieme si passa ad una visione dettagliata.  

Nella ricerca di Marianne Shapiro, Gogol’ and Dante (1987), la studiosa evidenzia collegamenti e discrepanze tra i due autori; sebbene Gogol’ si sia ispirato al tema del viaggio dantesco, lo rielabora personalmente. L’ambiente infernale di Mërtvye duši richiama quello dantesco, ma Shapiro puntualizza:

Nonostante Gogol’ permetta ai suoi personaggi di poter, un giorno, risollevarsi, se lo desiderano, è fondamentale per lo spirito dell’opera che non vi sia nessuna evoluzione all’interno del personaggio. I personaggi pietrificati, immobilizzati richiamano quelli dell’inferno dantesco, anche se le cause primarie non sono le stesse: i peccatori danteschi sono rappresentati nella pienezza dei loro tratti personali e le circostanze che li hanno portati fino a quel girone, mentre le anime di Gogol’ sono pietrificate perché sono state per sempre cristallizzate in un punto preciso delle loro vite, che non vengono pienamente illustrate. (p. 41)

Ritorna dunque il tema degli eroi del locus immobile, fissi nelle loro tenute e nei loro vizi, che a sua volta, si mescola in modo ossimorico alle anime dei contadini che sono morte, ma che vengono considerate come vive: i certificati che Čičikov cerca dimostrano la morte dei lavoratori, ma ne certificano anche l’immortalità della loro anima.

Gogol’ dipinge un quadro sconvolgente e grottesco della Russia del suo tempo attraverso dei personaggi che non incarnano il singolo, ma realtà globali: l’autore mette in mostra un’ottusa e reietta società di proprietari terrieri e una tragica e triste realtà dei contadini. A tal proposito, Aleksandr Herzen in Von der Entwicklung der revolutionären Ideen in Russland (“Breve storia dei russi o sviluppo delle idee rivoluzionarie in Russia e lettera al Signor J. Michelet”, 1850) scrive: le anime morte misero in subbuglio la Russia intera essa aveva bisogno di una tale accusa: era suo quadro clinico, scritto da una mano maestra.” (p. 160) Tutto il viaggio di Čičikov ruota attorno alle anime della servitù della gleba e Gogol’, attraverso questo escamotage, esprime la verità sulla nobiltà russa, mettendone in mostra tutti i suoi difetti e la sua indifferenza verso i contadini, fomentando il male ormai dilagato nella società. Mërtvye duši è un affresco grottesco ma efficace della Russia dell’epoca, i personaggi che sono stati analizzati corrispondono a fantocci, marionette senza vita immerse in una palude stagnante di mediocrità, indifferenza e ottusità; Gogol’, in mezzo a questo squallore, inserisce un eroe altrettanto squallido e corrotto, che grazie al suo modo di essere camaleontico riesce a plasmarsi per ogni occorrenza per riuscire a salvaguardare il suo business, d’altra parte, però non riesce a salvaguardare se stesso e precipita nella sua rovina.

Bibliografia:

Aleksandr Herzen, Breve storia dei russi, Barion, Milano, 2014.

Jurij Lotman, Il problema dello spazio artistico in Gogol’, in Jurij Lotman, Boris Uspenskij, Tipologia della cultura, Milano, Bompiani, 2001, pp. 193-248.

Michail Bachtin, Estetica e romanzo, Torino, Einaudi editore, 2001.

Nicoletta Marcialis, Vita di Pavel Čičikov, ovvero le avventure di un impiegato povero, ma disonesto, in “Uomini, opere e idee tra Occidente europeo e mondo slavo. Scritti offerti a Marialuisa Ferrazzi”, Trento, Collana Labirinti, 2011.

Nikolaj Gogol’, Le anime morte, Milano, Mondadori, 2016.

Vittorio Strada, EuroRussia. Letteratura e cultura da Pietro il Grande alla rivoluzione, in L’orizzonte perduto: spazio naturale e spazio artificiale, Bari, Editori LaTerza, 2005, pp. 17-33.

Sitografia:

Donald Fanger, The Mirror and the Road, in “Nineteenth-Century Fiction”, Vol. 33, N. 1, 1978, pp. 24-47. (la traduzione di brani tratti da questo testo sono stati fatti per l’occasione da me S.F. – ultima consultazione: 10/12/2022).

Marianne Shapiro, Gogol’ and Dante, in “Modern Language Studies”, Vol. 17, N. 2, 1987, pp. 37-54 (la traduzione di brani tratti da questo testo sono stati fatti per l’occasione da me S.F. – ultima consultazione: 10/12/2022).

Michael Kelly, Navigating a landscape of Dead Souls: Gogol’ and the Odyssean Road, in “New Zealand Slavonic Journal”, Vol. 39, pp. 37-61, 2005 (la traduzione di brani tratti da questo testo sono stati fatti per l’occasione da me S.F. – ultima consultazione: 10/12/2022).

Winston Weathers, Gogol’s Dead Souls: The Degrees of Reality, in “College English”, National Council of Teachers of English, Vol. 17, N. 3, 1955, pp. 159-164 (la traduzione di brani tratti da questo testo sono stati fatti per l’occasione da me S.F. – ultima consultazione: 10/12/2022).

Apparato iconografico:

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