Dall’esilio alla speranza: vedere il mondo con gli occhi di Kully

Silvia Girotto

 

Anche negli alberghi mi lanciano certe occhiatacce, ma non perché sono maleducata. La colpa è di mio padre. Tutti dicono: quell’uomo non avrebbe mai dovuto sposarsi.” (p. 7) Così inizia, in medias res, la storia della piccola Kully, bambina tedesca in perenne movimento. E in queste poche parole è racchiuso il nocciolo della storia raccontata da Irmgard Keun (1905-1982) in Kind aller Länder, presentato in Italia grazie al lavoro de L’Orma a ottobre 2023 con il titolo di Kully, figlia di tutti i Paesi. Un susseguirsi di viaggi, un padre impossibilitato a prendersi le proprie responsabilità e una ragazzina curiosa del mondo sono gli elementi che caratterizzano la storia di Keun, scrittrice tedesca che visse in prima persona le limitazioni del governo nazionalsocialista tedesco e che fece di queste restrizioni l’occasione per presentare lati meno raccontati. La traduzione di questo testo è opera di Stefania De Lucia, che firma anche la postfazione al romanzo.

Link al libro: https://www.lormaeditore.it/libro/9791254760611


Kind aller Länder è l’ultimo romanzo di una scrittrice che diede voce al grido femminile della sua epoca, gli anni Venti e Trenta, e alla quale L’Orma ha reso omaggio anche con un cofanetto dal titolo “Le ragazze di Keun”. Questo racchiude le pubblicazioni targate L’Orma di Gilgi, una di noi (2016), Doris, la ragazza misto seta (2017), Una bambina da non frequentare (2018) e Dopo Mezzanotte (2019), romanzi con protagoniste femminili come la piccola Kully, che vanno ad ergersi a testimoni di un tempo in cui essere donna era considerato – come in parte ancora – un punto di vista secondario. Keun ottenne con Gilgi il successo presso il grande pubblico e non stentò a mantenerlo. Tuttavia, l’ascesa del governo nazionalsocialista tedesco portò alla censura delle sue opere. Si trattava infatti di scritti moderni, “figli del loro tempo”, come afferma De Lucia nella postfazione, che andavano a rappresentare la frenetica vita ricca di avvenimenti politico-sociali delle donne e delle ragazze sue protagoniste. Di fronte alle difficoltà economiche Keun presentò inizialmente richieste di revisione, ma scelse infine l’esilio per non rinunciare alla libertà. Particolarmente degno di nota è per lei il 1938, in cui venne pubblicato Kind aller Länder. L’anno in questione venne caratterizzato da continui spostamenti, durante i quali ebbe occasione di conoscere intellettuali del calibro di Stefan Zweig e Joseph Roth, con il quale intrattenne anche una relazione sentimentale. Fu anche l’anno in cui risultò chiara la sua dipendenza da alcool, che condivise poi con lo stesso Roth.

Ripercorrere questi passi della vita di Irmgard Keun è necessario nell’avvicinarsi a Kind aller Länder per comprendere quanto di se stessa la scrittrice abbia voluto inserire nel romanzo. Kully è infatti una bambina costretta a una continua peregrinazione prima all’interno dei confini europei – e successivamente anche oltre – per seguire i genitori: una madre che fa del suo meglio per educare la figlia ma che è spesso in balia della sorte e un padre scrittore in fuga dalla Germania a causa della censura e che si getta a capofitto verso ciò che potrebbe dargli profitto, salvo poi spendere i propri soldi nell’alcool. Kully viaggia dalla Germania verso Belgio, Italia, Polonia e perfino negli Stati Uniti insieme alla famiglia. Inserita continuamente in nuove culture e lingue, Kully sviluppa una mente aperta, profonda curiosità per tutto ciò che la circonda e un’indipendenza non comune per la sua età. Emblematica della sua esperienza del mondo è la positività con cui affronta ogni nuovo Paese e ogni nuova lingua, in quanto Kully non vede nella diversità linguistica una differenza, ma una giocosa sfida da vincere con se stessa.

Questi incontri con nuove lingue e nuove culture portano ad uno sviluppo necessario e inevitabilmente al confronto con temi adulti, che la ragazzina spiega in maniera semplice e con una visione alterata dalla sua età e dalla sua genuinità, ma soprattutto dall’amore per i suoi genitori. Kully ha infatti un’immagine edulcorata della situazione del padre, un modo di vedere il suo problema di alcolismo che forse vuole rimandare all’impossibilità della stessa Keun di allontanarsi da questa sua stessa difficoltà. Per la bambina il padre è un uomo buono ma perseguitato dalla sfortuna, nonostante i continui allontanamenti da lei e dalla madre, abbandonate negli alberghi, e nonostante le probabili relazioni extra-coniugali che l’uomo intrattiene quando si sposta. Madre e figlia in queste occasioni sono spesso lasciate come “pegno” negli alberghi e in ciò è evidente è la sofferenza della madre Annie, mentre Kully si accosta a queste difficoltà ancora con senso di accettazione. Anche di fronte alla tematica del suicidio Kully sbalordisce il pubblico con i suoi pensieri, taglienti nella loro sincerità e che rimandano alla crudezza del mondo, seppur osservati come inevitabili e quindi accettati: La sera mio padre era molto agitato perché un suo amico si era tolto la vita. […] Mio padre era disperato. Vorrei tanto a volte che le persone non nascessero affatto.” (p. 96)

Nella sua semplicità e nel contrasto con queste figure genitoriali, Kully potrebbe apparire quasi come una versione tedesca del personaggio di Peter Pan: Ma perché si dovrebbe crescere, se poi si diventa tristi?” (p. 73) si chiede la bambina di fronte all’immagine della madre che si dice felice di poter stare finalmente con la nonna e parlare di politica e di guerra, mentre con la figlia non le è possibile, perché solo da grande potrà capire. Kully non mostra alcuna fretta di crescere, anche se si sforza di fare quel che può per sostenere il padre, rischiando a volte anche di rovinargli gli affari. Con la sua irriverenza rivela quanto c’è di più ingiusto nella vita quotidiana e prova a raddrizzarlo, trovando tuttavia davanti a sé il muro della realtà e soprattutto del mondo degli adulti che impedisce alla sua famiglia di raggiungere la felicità.

Concetti come guerra o destini politici sono in realtà molto lontani dalla sua vita e Kully non percepisce il dolore delle persone che le stanno intorno, ad esempio per la morte di conoscenti, o la sofferenza della madre che non può riabbracciare la sua famiglia. Abituata a vivere vagando tra confini, non trova ragione di tornare in Germania e non manifesta infatti nemmeno una volta il desiderio di tornare a “casa”, concetto tra l’altro molto relativo dal punto di vista della bambina, che non ha mai davvero identificato la terra tedesca come un luogo in cui tornare. “Casa” sono gli alberghi di Nizza e Amsterdam, “casa” è la vacanza in Italia con la nonna, la dimora di amici polacchi e perfino la spiaggia della Virginia in cui è così bello fare il bagno. “Casa” sono mamma e papà finalmente insieme, è un sentimento e non un luogo. Ed è infatti così che Kully risponderà ad un anziano signore che le chiede se non ha nostalgia di casa: Qualche volta ho nostalgia, ma di un Paese sempre diverso, quello che mi viene in mente nel momento in cui ci penso.” (p. 147)

La costante peregrinazione della famiglia le permette infine di vivere in un mondo a parte: l’impossibilità di crescere nel proprio Paese, che viene vista dalla famiglia come la tragedia che è, si rivela per lei la possibilità di una esplorazione dell’Europa e perfino della grande New York. Che anche per Keun questo peregrinare negli stessi posti della sua Kully sia stato occasione di scoperta è inevitabile, tuttavia il riconoscimento delle difficoltà incontrate è per entrambe chiaro. Irmgard-Kully percepisce infatti la complessità del trovare un alloggio, del cibo, i passaporti e il denaro per i suoi genitori, costretti ad un vagare senza fine tra i Paesi considerati sicuri. Le note comiche con cui Kully descrive tutto a causa dell’ingenuità che le è propria rendono tuttavia la narrazione delle difficoltà sopportabile. Pare che la stessa autrice esorcizzi il proprio esilio attraverso lo sguardo candido e incantato di una bambina.

Una visione come quella di Kully altro non va a rappresentare che il concetto di cosmopolitismo come solo una bambina potrebbe descriverlo: in modo concreto e pieno di stupore e speranza. La scrittrice mette questa speranza negli occhi e nella voce di Kully per consolare gli altri, ma è soprattutto Keun a voler dare a se stessa la possibilità di immaginare davanti a sé e al messaggio delle sue opere nuovi orizzonti. Fortunatamente, negli anni Settanta un interesse per Keun porterà proprio ad una riscoperta dei suoi romanzi, forti portatori di messaggi di apertura, modernità e speranza.

 

Apparato iconografico:

Immagine 1: https://www.lormaeditore.it/libro/9791254760611

Immagine 2: https://kurier.at/kultur/das-kunstseidene-maedchen-von-irmgard-keun/767.958