Confini, diritti e un’Europa irraggiungibile: “Donna blu” di Antje Rávik Strubel

Silvia Girotto

“Donna blu” è il titolo italiano del romanzo, pubblicato dalla casa editrice Fischer nel 2021 con il titolo Blaue Frau, della scrittrice e traduttrice tedesca Antje Rávik Strubel. In Italia la pubblicazione è del 2023 grazie al lavoro della casa editrice indipendente Voland Edizioni nella traduzione di Cristina Vezzaro.

Link al libro: https://www.voland.it/libro/9788862435215

 

Antje Rávik Strubel vive e lavora a Potsdam. Nasce nel 1974 e si forma presso le università di Potsdam e New York, città in cui ambienta il suo primo romanzo, Offene Blende, uscito nel 2001 e testo non ancora tradotto in italiano. Oltre ad occuparsi di scrittura, traduce dall’inglese e dallo svedese e riceve diversi premi letterari, tra cui il Deutscher Buchpreis nel 2021 proprio grazie al romanzo Blaue Frau, esempio di opera che affronta temi locali e contemporanei, ma al tempo stesso universali sia nel tempo che nello spazio. Si tratta di un libro che non vuole presentare soluzioni ai problemi sociali di integrazione che ancora oggi vengono vissuti, ma denunciare gli aspetti che non funzionano all’interno di un sistema che si professa aperto, inclusivo e attento a chi è più fragile. In quanto persona che ha vissuto il cambiamento portato dalla caduta del muro di Berlino e che ha quindi assistito alla promessa di un’Europa unita non solo su carta, Strubel mostra le differenze e le ingiustizie che ancora permeano non solo le azioni di individui che si definiscono europei, ma anche i pensieri e le considerazioni circa concetti quali confini, differenze, emigrazione e confronto tra Est e Ovest.

Antje Rávik Strubel | internationales literaturfestival berlin

Protagonista dell’opera è Adina, una donna che proprio di queste parole fa una decisa esperienza. Il testo si apre con la descrizione di una notte insonne per Adina, chiamata anche Salina o Sala, in un appartamento a Helsinki. Il motivo dell’assenza di sonno è la preoccupazione al pensiero di dover testimoniare in tribunale per un caso che verrà presentato nel libro solo più avanti. Questa è occasione per i continui flashback pagina dopo pagina – che occupano talvolta interi capitoli – della sua vita precedente la Finlandia, tra episodi piacevoli e da dimenticare, personaggi che la aiutano a scoprire se stessa e i nuovi ambienti in cui si ritrova, ma anche altri, che le procureranno notti insonni e ricordi dolorosi.

Originaria dei Monti dei Giganti, sul confine tra Repubblica Ceca e Polonia, Adina appare fin dal principio un personaggio quasi “perduto” all’interno della narrazione, che cerca di seguire una strada non chiara per lei, ricca di confini che allo stesso modo non sono chiari. I confini sono infatti tra i temi caldi del libro e non solamente in termini geografici, anche se questi sono resi evidenti dal viaggio di Adina, che parte dal suo paese per trascorrere del tempo a Berlino ed arrivare in terra finlandese. Numerosi sono i personaggi con cui entra in contatto proprio a Berlino, città troppo grande per una ragazza come lei e che rappresenta infatti il primo luogo in cui Adina si sente persa. Alla questione dei confini segue immediatamente e conseguentemente quella linguistica, resa chiara dall’autrice nell’incontro con Leonides, che si presenta come europarlamentare originario dell’Estonia e difensore dei diritti umani. Con lui Adina avrà una relazione e per l’uomo lei stessa cambierà e si impegnerà per rendersi il più adatta possibile a lui. Il confine linguistico è presente non solo nelle loro conversazioni, bensì in quelle tra tutti i personaggi principali, dato che tutti loro si muovono all’interno della lingua inglese per comunicare.

L’incontro con Leonides avviene nella Berlino del 2006, una realtà che ad Adina appare complicata sotto ogni punto di vista. Proprio qui la donna diventerà testimone al processo che la attende tempo dopo ad Helsinki, a cui dovrà presentarsi in quanto vittima. In questo contesto si inserisce un altro tipo di confine: quello tra uomo e donna, punto focale soprattutto della seconda parte della storia e poi ripreso dalla traduttrice Cristina Vezzaro in un testo di appendice. Proprio qui, come ultimo aspetto, vengono presentati ancora una volta i concetti di monolinguismo e di legame tra sessualità e lingua. Il confine uomo/donna nel romanzo si interseca inoltre perfettamente con il tema del confine geografico e soprattutto con il concetto di identità europea, che lo stesso Leonides dovrebbe e vorrebbe incarnare. Tuttavia, la macchina europea di identificazione appare inceppata e non riesce a rendere unite le persone che vivono all’interno dei confini europei. Questo risulta chiaro in modo particolare nella distanza che intercorre a Berlino tra Adina, che sta svolgendo uno stage, e Manfred Bengel, uomo tedesco proveniente dallo stesso ambito di Leonides e rappresentazione di un potere europeo solo in apparenza favorevole ad un’unione basata sull’uguaglianza. Si rendono qui infatti noti i pregiudizi linguistici e culturali, con un chiaro feticismo da parte sua e di altri uomini della sua cerchia per quelle che sono le persone provenienti dall’Est Europa e, soprattutto, per le donne provenienti da quelle zone. Adina deve scendere a compromessi in questo ambiente per lei nuovo, in cui vuole costruire il proprio futuro ma che riconosce non essere fatto su misura per una persona come lei. Con l’arrivo a Helsinki e la prospettiva di un processo vede finalmente arrivare l‘aiuto che le serve e la possibilità di farsi valere.

Quanto ricordato fino ad ora sarebbe già abbastanza per rendere l’idea di un romanzo che vuole immergere il pubblico nella realtà dell’oggi, senza pescare immagini inverosimili e lontane, nonostante l’ambientazione dei capitoli iniziali non vada in questa direzione. L’esperienza di Adina si rivela essere l’esperienza di molte, in maniera più o meno intensa, e le riflessioni che portano lei e la brillante finlandese Kriistina sono quelle di molte donne. Tra le due, personaggi molto diversi ma accomunati dalla consapevolezza di vivere in un mondo fatto a misura di uomini, si percepisce un sottile ma indissolubile legame che viene poi allargato per prendere successivamente le forme di una coraggiosa rete.

‘Ci proviamo’ si corresse Kriistina. ‘Se le donne non si aiutano tra loro, nessuno le aiuta.’ […] ‘Lo stronzo se l’è presa con la generazione sbagliata, ma se ne accorgerà!’” (p. 367)

All’interno di questa narrazione si inserisce infine la Donna blu del titolo, misteriosa rappresentazione che il pubblico non riesce a identificare con un personaggio reale o immaginato dalla protagonista. Sta proprio a chi legge interpretare questa immagine sfocata che accompagna Adina nel suo percorso di rielaborazione del suo viaggio da casa a Helsinki, dalla volontà di scoperta e di apertura fino al duro scontro con le ingiustizie, giungendo poi alla speranza di una soluzione.

Lungi da essere una storia di riscatto riuscito, questo libro mostra in maniera asciutta, seppur romanzata, le crepe nel sistema, ma anche la possibilità, che rimane una speranza anche nel libro, di una risoluzione e di un passo in avanti grazie al lavoro comune e all’apertura fattuale, un’apertura che prenda vita oltre la carta e i bei discorsi.

 

Apparato iconografico:

Immagine 1: Copertina del libro edito Voland Edizioni

Immagine 2: https://literaturfestival.com/authors/antje-ravik-strubel/

6 Replies to “Confini, diritti e un’Europa irraggiungibile: “Donna blu” di Antje Rávik Strubel”

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