L’unione fa la forza. Intervista a Valerija Sočyvec’

Intervista a cura di Massimo Tria

Traduzione dall’ucraino di Francesca Lazzarin

 

MT: Come ha iniziato ad interessarsi di cinema? Da dove è arrivato il desiderio di occuparsene?

VS: Da piccola ero una bambina iperattiva, non stavo mai ferma, cantavo, ballavo, mi mettevo in mostra tutto il tempo per i miei genitori davanti all’obiettivo della nostra prima videocamera VHS, e mi piaceva stare a guardare quando la collegavano al televisore e le immagini si materializzavano sullo schermo. Per me era una specie di magia. A causa del mio attivismo sopra la media, i miei genitori mi portavano a diversi corsi. Ad alcuni, come alla scuola di musica o a quella di disegno, non ho resistito a lungo. Ma quando a 4 anni sono capitata in un gruppo di teatro per bambini, ci sono rimasta fino ai 16 anni, cioè fino al momento di iscrivermi all’università. Da piccola partecipavo spesso alle riprese di pubblicità, film, musical. Devo confessare che volevo entrare alla facoltà di recitazione, ma non mi hanno fatta nemmeno accedere agli esami di ammissione, allora ho deciso di alzare la posta e di andare alla facoltà di regia per il cinema e la tv.

 

MT: A suo parere, esiste dopo il 2014 una “nuova ondata” del cinema ucraino, ed è possibile parlare di un contributo dello Stato al suo sviluppo?

VS: Rispondere a questa domanda per me è difficile. Non sono io a doverlo dire e penso che non si possa dirlo ora. Tra alcuni anni sarà chiaro… So che chiamano “nuova ondata” il SUK, cioè l’organizzazione indipendente “Sučasne Ukraїns’ke Kino” [in italiano “Cinema Ucraino Contemporaneo”], ma anche in questo caso non so se sono d’accordo, perché i registi sono tutti diversi, ciascuno ha il suo tocco d’autore particolare. E in generale, personalmente non mi piace il termine “nuova ondata”: lo appiccicano a tantissime antologie e correnti che nascono da noi. Per quanto riguarda il contributo dello Stato allo sviluppo di questa cosiddetta “ondata”, non è che sia solo possibile parlarne: è un obbligo! Nel periodo in cui a capo della Agenzia Statale Ucraina per il Cinema c’era Pylyp Illjenko, in generale si percepiva un enorme sviluppo dell’industria cinematografica. Venivano messi in cantiere film diversi: sia commerciali e spettacolari, che d’autore e da festival. Anche noi abbiamo potuto girare i nostri primi cortometraggi grazie al sostegno finanziario della Agenzia Statale Ucraina per il Cinema, appunto quando c’era Illjenko. Prima che alla guida dell’Agenzia arrivasse lui, avevamo già presentato il progetto per il corto di Filip Sotnyčenko Technična pererva (Technical Break, 2017), ma non ci avevano permesso di girarlo, perché allora le regole cambiavano facilmente, persino a concorso concluso, dunque un regista poteva non avere il via libera addirittura nel caso in cui la sua sceneggiatura avesse ricevuto un’ottima valutazione dagli esperti in commissione.

MT: Riguardo all’organizzazione Cinema Ucraino Contemporaneo, o SUK: ci racconti un po’ dei suoi corti, del film di Taras Dron’ e di altri film che avete prodotto.

VS: La vita del SUK è incominciata dopo la Rivoluzione della Dignità, quando ancora studiavo all’università. Il mio cortometraggio Zneboljuval’ne (Analgesia, 2014), girato durante gli studi, era circolato ad alcuni festival europei, ma per contro non era stato preso ai festival ucraini. La stessa cosa era successa anche ad altri giovani registi nostrani. Allora abbiamo iniziato ad organizzare da soli delle proiezioni dei nostri cortometraggi, in diverse location. Siamo un collettivo sicuro e affidabile: esistiamo già da molti anni e cambiamo forma, mettendoci alla prova con diversi vettori dell’industria cinematografica. Abbiamo realizzato progetti divulgativi in Ucraina, con lettura di sceneggiature, laboratori, lezioni, proiezioni. Il SUK è partito da qui ed è diventato una casa di produzione per i cosiddetti film “indipendenti” senza finanziamento, ma col tempo anche supportati dalla Agenzia Statale Ucraina per il Cinema, dal Ministero della Cultura e da altri enti. Inoltre, uno dei compiti del SUK è la ricerca e la scoperta di nuovi talenti. La filmografia del SUK è iniziata con il film Syn (The Son, 2014) del regista Filip Sotnyčenko, che è anche co-fondatore dell’organizzazione. Syn è stato girato con fondi propri. Durante il Majdan del 2013 è nata una storia a cui volevamo dare corpo, e in quel momento è iniziata la Rivoluzione, che per questo è presente sullo sfondo del film e sottolinea il periodo politico vissuto allora in Ucraina. Il film è stato selezionato per partecipare al Concorso internazionale ISFF di Clermont-Ferrand e ha ricevuto il premio FIPRESCI al Festival internazionale del cinema di Odessa. Nel 2020 il SUK ha fatto uscire due lungometraggi, uno di fiction (il debutto di Taras Dron’ Iz zav”jazanymy očyma//Blindfold), e uno documentario (Zarvanycja di Jarema Malaščuk e Roman Chimej, distribuito a livello internazionale come New Jerusalem). Il film di Taras è stato il mio primo grosso progetto di fiction, con tanto di messinscena di combattimenti MMA, cosa che mi rendeva particolarmente nervosa. New Jerusalem racconta un viaggio fatto insieme a dei pellegrini, dalle montagne all’altura della Nuova Gerusalemme in Ucraina. Adesso è nella fase finale di post-produzione il debutto nel lungometraggio di Filip Sotnyčenko, La Palisiada, girato in uno stile inusuale per il cinema, come se fosse una ripresa degli anni ’90. Ma la trama del film è legata all’abolizione della pena di morte nell’Ucraina del 1996. Stiamo cercando un festival che ospiti la prima mondiale del film, e anche dei sales agent. Inoltre, alcuni nostri progetti sono attualmente in fase di development, e dal momento che ora i finanziamenti statali sono inaccessibili, stiamo limando le storie che vogliamo raccontare e cercando laboratori di sceneggiatura e fondazioni.

 

Dov’era durante il Majdan… e dov’era il 24 febbraio 2022? Cosa ha fatto poi? Ha fatto volontariato, riprese o reportage?

Durante il Majdan del 2013 ero… sul Majdan. Sono stata una dei primi ad andarci, insieme a un corteo di studenti dalla nostra Università di Teatro, Cinema e Televisione. Quando succedono le cose più difficili, in me vince la persona, e non la documentarista. E per me l’esperienza vissuta si può trasformare più facilmente tramite il cinema di fiction nelle storie che racconterò. Il 24 febbraio ci siamo svegliati con i botti. Sapevo che tutto ciò sarebbe iniziato, perché lo avevo capito dalle notizie, e poi ci avevano anche avvertiti delle persone che si occupavano di questioni militari. Ci avevano proprio telefonato il 23 febbraio per dirci che nella notte tutto sarebbe cominciato. E io ne avevo perfino discusso con mia mamma, proponendole di partire nella notte da Kyїv, ma fino all’ultimo non volevo crederci. Il 24 febbraio abbiamo raggiunto la casa privata dei miei genitori, fuori Kyїv. Il primo mese abbiamo vissuto in quella casa in dieci, con alcuni gatti e pure un cane “in affido”, trovato sul teatro di guerra. Oltre a quelle dieci persone si fermava da noi anche gente che poi proseguiva il viaggio verso Ovest. Puro cinema, insomma. Ora sto scrivendo una sceneggiatura ispirandomi proprio all’atmosfera di grande unità in cui abbiamo vissuto in quei primi mesi. Inoltre, durante l’invasione su larga scala dell’Ucraina ho avuto una breve esperienza di lavoro come fixer con dei giornalisti stranieri, subito dopo la ritirata dei russi dalla regione di Kyїv. E poi, naturalmente, ho fatto volontariato. Mi sembra che non ci sia un solo ucraino che non abbia fatto volontariato o donazioni, all’esercito o alle fondazioni che aiutano i profughi. Sia durante il Majdan, sia all’inizio della guerra otto anni fa, sia dopo il 24 febbraio percepisco davvero il grandissimo senso di unità del nostro popolo, della nostra gente. Proprio per questo crediamo nella vittoria dell’Ucraina.

 

MT: E c’è la possibilità di girare film anche durante l’invasione russa dell’Ucraina?

VS: Per quanto riguarda i documentari, sì. Certo, di propria iniziativa e con il supporto fornito dai finanziamenti internazionali. Purtroppo, se parliamo del budget statale, al momento è tutto diretto all’esercito. Ed è giusto così. Inoltre, a Kyїv sono già iniziate le riprese di alcuni film di fiction. Ci stiamo già riabituando a vivere, perché bisogna per forza continuare a vivere e a fare cinema. Durante l’invasione il SUK ha prodotto due cortometraggi di fiction: Poky tut tycho (It is Quiet Here, 2022) di Olena Podoljanko e Novruz Hikmet, e Charkiv Mjuzik Fest vidbuvsja (Kharkiv Music Fest Did Happen, 2022), del regista V”jačeslav Turjanycja. La prima mondiale di Poky tut tycho si è tenuta al Festival Internazionale di Sarajevo, poi il film ha vinto il premio come miglior cortometraggio al Festival di Batumi e in seguito è stato proiettato più volte a diversi festival internazionali. Anche Kharkiv Music Fest Did Happen debutterà presto a un festival. Abbiamo inoltre in programma le riprese di un lungometraggio documentario della regista Zoja Laktionova, Prach, ščo osidae šarom na poverchni (t. lett.: Cenere che si posa come patina in superficie). La co-produttrice del progetto è Natalija Libet. Il film è tratto dai diari della famiglia della regista e avrebbe dovuto essere girato a casa sua a Mariupol’, ma a causa della guerra e dell’occupazione russa intendiamo girare in altre città che presentino location simili in termini di dettagli architettonici e atmosfera.

MT: Arte e guerra, o guerra e arte? Qual è la prima cosa che le viene in mente?

VS: Arte e guerra. Nonostante tutto, persino durante la guerra, l’arte per me è al primo posto. Lo è stata addirittura quando, il 24 febbraio, ho sentito le prime esplosioni mentre me ne stavo a letto a dormire. Della serie: stai dormendo, senti un botto e non capisci se sia solo un sogno o meno. E io ancora adesso ho la sensazione di stare dormendo. Arte significa creazione, la creazione di qualcosa di nuovo, una sorta di nuova nascita.

 

MT: Quali sono i suoi piani per il futuro? Cosa farà quando la guerra sarà finita e gli occupanti russi avranno lasciato l’Ucraina?

VS: Stiamo già facendo molto. Al momento abbiamo alcuni progetti in fase di development. Si tratta del progetto di Stanislav Bytjuc’kij Spadok (Inheritance), del progetto di Marija Kondakova Voïnka (Warrior) e del mio debutto come regista, Zavisa (Curtain). Ci stiamo rivolgendo attivamente a diversi laboratori di sceneggiatura e fondazioni, stiamo cercando dei finanziamenti per la produzione di materiali che possano aiutarci a presentare il progetto in seguito. Siamo molto riconoscenti alle svariate fondazioni che ci hanno dato feedback positivi e ci supportano. Per esempio, grazie al sostegno del programma Filmboost, con una borsa della Deutsche Filmakademie, ora sto scrivendo la sceneggiatura per un lungometraggio, e lo stesso sta facendo Filip Sotnyčenko insieme alla sua co-autrice Žanna Ozirna. Cerchiamo di continuare a vivere e, ovviamente, a fare film.