“Bestiario di confine” di Primož Sturman: quel mondo sorto alla frontiera

Federica Florio

“Lascia stare il confine dove sta, tanto non esiste più.” (p. 19)

È proprio il confine tra Italia e Slovenia a essere protagonista indiscusso, nonché filo conduttore, di Bestiario di confine di Rac. Edito in Slovenia nel 2018, è stato pubblicato in Italia nel 2022 da Bottega Errante Edizioni con la traduzione di Lucia Gaja Scuteri, mediatrice culturale, traduttrice freelance e promotrice della letteratura slovena, e la postfazione di Martina Vocci.

L’autore, nato a Trieste nel 1980, è insegnante, traduttore e giornalista pubblicista culturale. Ha pubblicato poesie e racconti sulle principali riviste slovene, ed è stato anche curatore per la casa editrice Slovenska matica, con la collaborazione di Boris Pahor, dell’opera politica più importante del dissidente sloveno Franc Jeza.

Bestiario di confine è, al momento, l’unica opera di Sturman edita in Italia. È una raccolta di undici racconti ambientati fra l’Italia e il territorio al di là del confine, prima nominato Jugoslavia e successivamente Slovenia. Diversi sono i luoghi che fanno da sfondo alle vicende: la narrazione si sposta tra Trieste, Gorizia, il Carso e il Mediterraneo, viaggiando dal fascismo al comunismo, fino a raggiungere i giorni nostri.

Link al libro: https://bottegaerranteedizioni.it/product/bestiario-di-confine/

I racconti affrontano le tematiche più disparate: amori, inganni, tradimenti, traffici illeciti, contrabbando di riviste dissidenti Ogni storia affronta un pezzo di umanità, giocando con i contrasti e i parallelismi che si creano tra popoli tremendamente simili, con un passato in comune, ma che non potrebbero sentirsi più diversi.

Scandagliando gli animi dei vari personaggi, Sturman delinea un vero e proprio bestiario – da qui la traduzione del titolo, nell’originale assai diverso – degli abitanti delle frontiere, ai margini delle rispettive Patrie. La vita al confine assume le sembianze di una vera e propria psicopatologia, che altera la percezione non solo degli altri, ma anche di se stessi, perché, se è vero che gli Stati finiscono lì dove è stato tracciato il limite, è doveroso ricordare che essi raccolgono genti con storie ben più antiche e più radicate, soprattutto considerando il destino travagliato del territorio che si snoda tra il Carso e l’Istria. Per quanto possa sembrare paradossale per certi aspetti, le storie di confine sono fatte di prevaricazioni, di poca tolleranza, in generale, verso l’alterità. Sono luoghi dominati dalla politica e dal nazionalismo, perché manca un vero e proprio confronto. Lo scopo dell’autore, tuttavia, è proprio creare quest’ultimo: nonostante l’incapacità – o, meglio, l’impossibilità – di comunicare, Sturman ricrea nei suoi racconti delle plausibili situazioni di corrispondenza.

Come precedentemente accennato, il titolo sloveno dell’opera è assai diverso dalla versione italiana. L’originale, Gorica je naša (Gorizia è nostra), riprende un’espressione molto cara agli abitanti del confine orientale. La sua origine risale al periodo della Seconda Guerra Mondiale, quando i soldati del maresciallo Tito, durante la liberazione dal fascismo e dal nazismo, la urlavano a gran voce e la scrivevano sui muri. Non bisogna dimenticare che l’Istria è stata un luogo centrale per gli eventi della Grande Storia, spesso accompagnati da terrore ed esodi improvvisi. Sebbene questi riferimenti siano stati “persi” nella traduzione italiana del titolo, il lettore attento li riconosce comunque tra le pagine. Il secondo racconto, intitolato appunto Gorizia è nostra, ci parla proprio di questo. Il protagonista, di origini italiane, vive dall’altra parte del confine, dove Gorizia si trasforma in Nova Gorica. I vicini di casa lo chiamano forešt (forestiero) e non lo riconoscono come compaesano. L’impossibilità di integrarsi, di essere inclusi nella vita della comunità, porta il protagonista all’isteria, finché una notte, armato di coltello, esce di casa e incita il vicinato a riprendersi con la forza Gorizia. Vuole dimostrare di essere sloveno tanto quanto gli altri, se non addirittura di più, e per questo cerca di spostare il confine un po’ più a ovest; peccato che il confine non esista più. Chiunque abbia visitato Gorizia, si sarà probabilmente accorto che non c’è nulla che segnali la frontiera italo-slovena, se non un cartello, posizionato nel bel mezzo della città e poco più grande di un segnale stradale di stop, che avvisa di essere giunti in un altro Paese.

Confine tra Slovenia e Italia, che divide Gorizia da Nova Gorica

Il confine, però, lo si percepisce anche dal mare. È il caso del sesto racconto, dove due amici pescatori, uno sloveno e l’altro italiano, si incontrano in mezzo al golfo e, comunicando nello stesso dialetto istro-veneto, si scambiano notizie sui relativi figli. Mentre i pescatori riescono a comunicare in modo eccellente perché parlano il medesimo idioma, le nuove generazioni hanno già sperimentato, in qualche modo, la divisione e parlano idiomi diversi. Si vantano di essere cosmopoliti perché studiano all’estero, chi a Lubiana e chi a Zagabria, ma non sono più in grado di comunicare nella lingua dei genitori. Senza dubbio si tratta di una situazione portata all’estremo, ma è indice della fragilità della comunicazione tra popoli e della delicatezza del dialogo in generale. Il titolo del racconto, Tempesta da terra, non fa altro che sottolinearne la metafora: i cambiamenti radicali che sconvolgono la vita degli istriani sono quasi sempre frutto di sconvolgimenti politici e dello spostamento del confine un po’ più a est o un po’ più a ovest. Il mare, invece, con la sua immutabilità, rende possibile un’osservazione neutrale e a lungo termine. Almeno fino al giorno in cui anch’esso verrà diviso:

Continuo ad andare in barca, come se non fossi scoraggiato, come se non facesse male. Il 29 dicembre si avvicina, la data fatidica in cui la Slovenia, la mia seconda o forse addirittura la mia terza patria, dovrebbe iniziare ad attuare la sentenza della Corte europea sui suoi confini marittimi.” (p. 72)

Se il confine viene visto spesso come qualcosa di negativo, non mancano i racconti in cui esso diventa una situazione favorevole. È il caso della nona storia, Contrabbando (ma non solo), in cui i protagonisti decidono di creare una tratta illegale per importare riviste ritenute pericolose dal governo jugoslavo:

In effetti il confine, che prima era una maledizione per tutto e tutti, negli ultimi tempi era diventato una vera e propria benedizione. Rimasti tagliati fuori da una decina d’anni scarsa subito dopo la guerra, i borghi e i paesini a ridosso del confine ora se la passavano molto meglio del resto della madrepatria jugoslava, proprio grazie alla vicinanza con Trieste e l’Italia.” (pp. 89-90)

Sturman analizza, in questo modo, il confine nella sua dualità, sottolineando come esso crei un universo a sé. Se le persone vengono divise, allo stesso modo si ritrovano a far parte di un unico gruppo, dove scoprono di avere in comune le stesse paure e la stessa differenza, ma anche specifici aspetti caratteriali. In poche parole, una Nazione tra due Stati.

Apparato iconografico:

Immagine copertina: https://www.bukla.si/pic/blog/l/3972.jpg

Immagine 2: http://www.istitutoeuroarabo.it/DM/wp-content/uploads/2021/06/Gorizia-Twin-City-of-Nova-Gorica.jpg