La “Pornografia” di Witold Gombrowicz secondo la regia di Luca Ronconi

Martina Cimino

Pubblicato nel 1960 durante l’esilio in Argentina, Pornografia è un romanzo di Witold Gombrowicz, uno tra i maggiori autori polacchi del Novecento. Il romanzo, considerato il più scandaloso della letteratura polacca, viene definito dal suo stesso autore come romanzo sensualmente metafisico. Il titolo, infatti, lontano da ciò che s’intende comunemente come pornografia, deve essere interpretato nella sua etimologia originaria (dal greco πόρνη “prostituta” e γραϕία “scritto”) che indica la trattazione e la rappresentazione di soggetti o immagini ritenuti osceni con lo scopo di stimolare eroticamente il lettore. Dunque, il termine pornografia assume il significato di qualcosa che ha a che fare con lo sguardo e si richiama alla vicenda mitica di Atteone, raccontata da Ovidio nelle Metamorfosi (III, 143- 252), la cui colpa è da individuarsi nell’aver avuto accesso a un tipo di visione proibita ai mortali, penetrando così in quell’essenza della natura che va oltre la forma e le apparenze. Allo stesso modo, anche la vicenda del romanzo prende avvio e s’incentra sull’atto del guardare. Atto che genera una forte ossessione nei due protagonisti. 

La vicenda, ambientata in Polonia durante la Seconda guerra mondiale, si concentra sul soggiorno a Brzusztowa da parte dei due protagonisti Witold Gombrowicz e Federico, due uomini di età adulta che entrano in contatto diretto con i giovani, Enrichetta e Carlo, che vivono nella tenuta familiare in cui sono ospiti. Quello tra Enrichetta e Carlo è un rapporto innocente di due amici che sono cresciuti insieme, nonostante la mancanza di un legame familiare. Tuttavia, alla vista della coppia di giovani, Witold e Federico, immersi nella noia della vita di paese, iniziano a fantasticare sul loro rapporto, intessendolo di un erotismo velato e impuro che vogliono far realizzare ad ogni costo. Infatti, i due iniziano a complottare contro il matrimonio di Enrichetta con Venceslao, un nobile di Rudia, e arrivano a costruire e inscenare degli incontri ambigui. Incontri che assumono delle caratteristiche spettacolari evidenti nel momento in cui Witold, su indicazione registica di Federico, li spia da una posizione nascosta e vi conduce anche Venceslao. Al susseguirsi di questi incontri, la complicità tra i due ragazzi si intensifica a tal punto che, nella seconda parte del romanzo, accettano di essere gli esecutori dell’omicidio di Siemian, un partigiano dissidente arrivato alla tenuta.  

La vicenda è narrata dall’autore divisa in due parti, ognuna delle quali è portatrice di un significato altro riconducibile all’atto del guardare e alla dicotomia forma ed essenza che è interpretabile in ottica teatrale. La prima parte presenta quella realtà che non è come dovrebbe essere, cioè quella realtà apparente imposta dalle convenzioni sociali che sono in vigore e in cui i due giovani, nonostante il pensiero di Witold e Federico, non dimostrano alcun interesse l’uno per l’altra. 

Né lui né lei erano particolarmente belli, giusto quel tanto dovuto all’età; però all’interno di quel loro cerchio magico, in quel desiderarsi e piacersi a vicenda essi configuravano la bellezza: qualcosa a cui in fondo nessun altro aveva diritto di accesso. Lui per lei, lei per lui e basta. Tanto più essendo così (giovani). Non avevo dunque diritto di osservarli e cercavo di non vedere, ma con Federico davanti, seduto accanto a lei sulla panchetta, di nuovo presi a chiedermi ossessivamente: aveva visto? Sapeva? E spiavo un suo sguardo, anche uno solo, uno di quegli sguardi che fanno finta di nulla ma in realtà si insinuano di soppiatto, pieni di avidità.” (p. 33)

Al contrario, la seconda parte è quella in cui la realtà viene costretta in una forma diversa, imposta dal desiderio dei protagonisti, e a manifestarsi come tale a causa della macchinazione ordita dai due. Affinché la realtà prenda la forma da loro desiderata, Federico e Witold faranno recitare ai due giovani la parte degli innamorati in uno spettacolo allestito per uso personale:

Bisogna farli precipitare nel tradimento! Una volta che ci fossero caduti dentro insieme a noi si sarebbero create promiscuità e commistione, di questo ero certo e sapevo pure che il peccato non li avrebbe deturpati, anzi, la loro gioventù e freschezza sarebbero cresciute dopo che le nostre mani mature le avessero afferrate, infangate e unite a noi nella corruzione. […] Entusiasmo. Non ne ero forse entusiasta? Ma certo, come no. Benché già fuori d’ogni bellezza, escluso dalla luccicante rete del fascio, non più seduttivo, incapace di conquistare, indifferente alla natura… ero pur sempre capace di ammirazione; ma sapendo che la mia ammirazione non sarebbe più stata ammirata da nessuno… partecipavo alla vita da cane bastonato e rognoso…” (p. 126)

L’impronta registica è, dunque, evidente sin dal principio e si intensifica nel procedere della narrazione attraverso il susseguirsi dell’uso di alcuni strumenti materiali che, rivestendo il ruolo degli oggetti con cui gli attori interagiscono sulla scena, svelano la loro funzione di rimando a qualcosa di altro, che è alla base della scrittura del romanzo e dell’ideazione degli altri personaggi. Un esempio chiarificatore è il modo in cui Federico comunica a Witold le proprie intenzioni servendosi di alcune lettere che, pur essendo indirizzate al compagno, si rivelano essere delle note di regia finalizzate a definire l’organizzazione spazio-temporale della messa in scena, sottolineandone il carattere fittizio:

Le scrivo per metterci d’accordo. […] Lei li ha già visti, ora però deve farli vedere a Venceslao. Bisogna che li veda anche lui! Gli dica così: 1) che andando a passeggio ha casualmente scoperto il loro appuntamento sull’isola; 2) che ritiene suo dovere informarlo; 3) che loro non sanno di essere stati scoperti. Domani lo porti allo spettacolo. L’essenziale è che lui li veda senza vedere me.” (p. 123)

Carattere della narrazione che emerge anche dal modo in cui Gombrowicz racconta la vicenda: affida il ruolo di narratore al suo doppio, rendendolo interprete degli eventi e lasciando che questi occupino un piccolo spazio tra i suoi monologhi interiori e le sue riflessioni. Tutto è deformato dal punto di vista del narratore che crea una propria dimensione del reale, delirante e contraddittoria, volta a far emergere la totalità delle possibilità di interpretazione del reale, di cui non ha però pieno possesso. Procedendo per commenti, autoanalisi e riflessioni, l’autore costruisce, dunque, una scrittura di secondo grado che, sedimentandosi su se stessa, permette di cogliere uno sfasamento tra ciò che avviene e ciò che il protagonista fa accadere, offrendo al lettore diversi livelli di lettura del testo. Per accentuare questo distacco, significativa è anche la costruzione dei personaggi e il modo in cui interagiscono tra loro. La maggior parte dei personaggi è ridotta a pura forma, un involucro, al ruolo che occupa nella società. Più profonda è, invece, la caratterizzazione dei due personaggi principali. Se Witold, narratore e protagonista, è il doppio esplicito dell’autore e incarna la figura dell’intellettuale polacco laico e dedito alla causa di liberazione nazionale; Federico è invece descritto come un accompagnatore sgradevole, un uomo che non ha padronanza dei propri gesti e che può essere considerato un ulteriore doppio dell’autore, in un gioco di riflessi orchestrato magistralmente. Entrambi, associati tra loro per la maturità che rappresentano in quanto adulti, simboleggiano l’annientamento che quella forma, derivante dalle imposizioni sociali, può scatenare nell’uomo e farlo cedere a quell’immaturità e giovinezza perduta nel momento in cui si è tormentati dal fabbricare una maschera al fine di essere accettati. Sotto questa pressione culturale, dunque, Witold e Federico si scontrano con delle pulsioni inconfessabili a lungo represse, pulsioni che, se vissute individualmente, potrebbero essere ricondotte a follia. Infatti, è in nome di questa opposizione alla follia e alla giovinezza, di Enrichetta e Carlo, che il sodalizio tra i due si consolida e diventa il motore dell’azione. Ed è nel desiderio di ritrovare una purezza primordiale che l’atto del guardare si inserisce nel romanzo, delineandosi come atto colpevole e inconfessabile in quanto animato da un desiderio di unione con i due giovani non consono alla morale cattolica. In nome di questo desiderio proibito, il mondo viene filtrato attraverso la giovinezza e, una volta tradotto nel linguaggio che le è proprio, si scontra con la debolezza dell’uomo adulto e con la sensazione di impotenza erotica che crea la realtà delle note registiche di Federico, e perciò di Witold, in cui l’unione fisica tra i due giovani è regolata dalla sua fantasia. Fantasia che scade in un’ossessione degradante che conduce, nel capitolo finale, all’inevitabile corruzione dei due ragazzi nel momento in cui accettano di compiere l’omicidio di Semian, ma anche all’unico sguardo che i quattro personaggi si scambiano apertamente e con il quale il romanzo si conclude. Pertanto, concludendo il romanzo con l’esplicitazione di questa simmetria, Gombrowicz trasferisce sulla giovinezza il peccato proprio dell’età adulta che ha infine rivelato la propria seduzione di morte anche ai due ragazzi.

Nel 2013 Pornografia viene portato sulla scena del Piccolo Teatro di Milano da Luca Ronconi, dopo un debutto alla 55° edizione del Festival dei Due Mondi a Spoleto. Lo spettacolo, preparato a partire dall’estate del 2012 all’interno del Laboratorio del Centro Teatrale Santacristina, s’inserisce in quella dimensione didattica che è stata parte fondamentale del suo percorso di regista a partire dal Laboratorio di Prato, in quanto fermamente convinto dell’impossibilità di avere un unico metodo da seguire e applicare nella costruzione degli spettacoli e nel rapporto con gli attori. Dalla negazione di un metodo d’approccio che sia unico, deriva la scelta esplorativa che Ronconi ha compiuto nel corso della carriera e che l’ha portato ad allestire spettacoli differenti tra loro per genere ed esito spettacolare. In questo percorso, l’allestimento di Pornografia occupa un ruolo importante, in quanto è un testo sconosciuto al pubblico italiano scritto sottoforma di romanzo e perciò finalizzato a una lettura individuale e silenziosa che viene realizzata in una temporalità infinita e in uno spazio mentale. A differenza di quanto si possa pensare, però, Ronconi sceglie di non intervenire sulla forma testuale, non scrive un testo scenico ma opera una riduzione del romanzo, tagliando quelle parti ritenute non necessarie, in quanto desideroso di “perseguire una rappresentazione: liberare dei materiali letterari e non costringerli, ingabbiarli nelle determinazioni di un progetto; far sì che il testo liberi non l’interpretazione di un regista o dell’autore, ma il maggior numero di interpretazioni possibili”. È, infatti, a questa ricerca di libertà che si richiamano tutte le operazioni registiche intraprese, sempre nel rispetto del testo. Pertanto, a partire dalla scelta degli attori, che rispetta l’opposizione tra giovinezza e maturità contenuta nel romanzo e tema principale, nel creare la vicenda da portare sulla scena e definire lo statuto dei personaggi, Ronconi opera uno slittamento della vicenda analogo a quello operato da Gombrowicz all’interno del romanzo: far convergere i diversi livelli della realtà – quello reale dell’autore, quello finto del Gombrowicz protagonista e quello in cui si svolte la vicenda narrata – in un unico, allucinato e delirante. 

Per farlo, dunque, Ronconi utilizza tutti i linguaggi scenici a propria disposizione. A partire dal testo che rimane fedele all’originale, il regista ne riprende l’impostazione teatrale amplificandola attraverso la recitazione degli attori: fa pronunciare loro non solo le battute dei personaggi – il loro singolo punto di vista – ma anche le indicazioni gestuali, gli stati emotivi, le intenzioni e i pensieri indirizzati a un altro personaggio, realizzando così un passaggio costante dalla prima alla terza persona, un movimento espressivo oscillante tra interno ed esterno che gli permette di sovrapporre i molteplici piani della vicenda e renderli sincronici attraverso quelle che possono essere definite “non-battute”. Infatti, nel momento in cui l’enunciazione non delimita più l’identificazione con un personaggio, il discorso verbale diventa lo stimolo per un’indagine cognitiva e conoscitiva da sperimentare al di là della storia raccontata, in un gioco iconoclasta che conferma la dolorosa scoperta che la forma è frutto dello sguardo. Pertanto, è ovvio che il passaggio tra prima e terza persona, enfatizzato dai cambi di tono nella pronuncia, da fremiti e frammentazioni, trova espressione massima nei personaggi di Witold e Federico che ricoprono anche i ruoli di narratore e di regista interno. Si tratta, dunque, di una costruzione basata su un gioco di rispecchiamenti che viene portato in primo piano, manifestando non solo il distacco tra realtà e la fantasia che Witold e Federico vivono ma anche la finzione intrinseca all’atto teatrale che, resa dall’interazione corporea tra i due attori, svela i punti oscuri della vicenda e le sue molteplici possibilità. Infatti, tutto ciò che accade a partire dalla seconda scena, La messa, – il momento in cui i due scorgono i giovani – non è che il tentativo di Witold di portare anche l’amico su quella ipotetica coordinata per verificare “un solo pensiero […]: Federico sapeva?” (p. 15). A partire da quella sequenza si assiste perciò, all’inseguirsi, osservarsi, nascondersi dei due attori fino a quando la loro presenza scenica non si coagula in una sola visione. Queste possibilità visive sono tenute insieme dall’inserimento di una voce fuori campo che interviene, come una sorta di raccordo, in momenti significativi della vicenda, come ad esempio all’apertura del sipario quando, riprendendo l’inizio del romanzo, si dà vita a una scena che funziona come motore di un’esperienza visiva in cui un frammento che da solo si colloca nello spazio rivela un modo di guardare che è in se un atto manipolatorio. Atto che, nella complessa partitura registica, è dato ad esempio dalla raffinatezza con cui Ronconi, come già aveva fatto il romanziere, affida le proprie sembianze a Riccardo Bini, interprete di Witold. 

Nell’unire i vari piani e svelare l’artificio, la scelta di Ronconi coinvolge anche la gestione dello spazio scenico che, scevro di una tradizionale scenografia, è reso volutamente oscuro e privo di materialità da Marco Rossi attraverso l’utilizzo di pannelli neri e iridescenti. All’interno del palcoscenico le ambientazioni sono costituite da un magro mobilio – sedie, tavoli, poltrone – che viene fatto scorrere linearmente sulla scena attraverso dei meccanismi non visibili che concorrono a cambiare la struttura tra corpo avvicinante e corpo avvicinato, tra volontà di possesso e oggetto del desiderio, creando una sorta di ragnatela in cui tutti vengono risucchiati che conferisce alla staticità del romanzo un’inattesa vitalità nel dipanarsi dello spazio.

È, dunque, solo all’interno di questo gioco presentato nel suo farsi teatro e riflessione di esso che Ronconi riesce nella sua impresa: mostrare come il vero voyeurismo pornografico sia in realtà quello verso se stessi. 

Bibliografia:

Allen Kuharski, Gombrowicz furioso: Luca Ronconi’s Pornografia, in “Theater”, Duke University Press, Yale School of Drama, 2015, vol. 45, n. I, pp. 114- 121.

Anna Bandettini, Relazioni spericolate, in “la Repubblica”, Roma, 6 luglio 2013, p. 59.

Benedetto Sicca, Appoggiature. Parole scelte per raccontare Luca Ronconi, in “Mimesis Journal”, 2015, vol. 4, n. I, pp. 7-16.

Camilla Tagliabue, La parodia erotica secondo Ronconi, in “il Fatto Quotidiano”, 19 marzo 2014, p. 20.

Giuseppina Manin, L’eros sbaglia il destinatario. Il nuovo intrigo di Ronconi, in “Corriere della era” 26 giugno 2013, p. 42. 

Luigi Mascheroni, La voglia di spiare la casta pornografia di Gombrowicz, in “il Giornale”, 15 marzo 2014, p. 29.

Marica Stocchi, “Pornografia” all’Argentina, ma senza scandali, in “il Messaggero”, 8 aprile 2014, p. 27. 

Renato Palazzi, Doppia deformazione, in “il Sole 24 domenica”, 30 marzo 2014, p. 42.

Rita Sala, La scelta di Ronconi e Wilson, in “il Messaggero”, 28 giugno 2013, p. 29.

Vincent Giroud, The Witold Gombrowicz archive at Yale, in “The Yale University Library Gazette”, Yale University, aprile 2005, vol. 79, n. 3/4, pp. 138-148. 

Witold Gombrowicz, Pornografia, Milano, il Saggiatore, 2018.

Sitografia:

Francesco M. Cataluccio, Pornografia, in https://lucaronconi.it/scheda/teatro/pornografia 

Nicola Arrigoni, Pornografia, in “Sipario”, 4 aprile 2014: https://www.sipario.it/recensioniprosap/item/8552-pornografia-regia-luca-ronconi.html 

Materiale audiovisivo:

Promo dello spettacolo: https://www.youtube.com/watch?v=aBzmjkuKqu4&ab_channel=EditoriaSpettacolo

Conferenza stampa di presentazione dello spettacolo, 11 marzo 2014: https://www.youtube.com/watch?v=k5KHR2pDcEQ 

Estratti: https://www.youtube.com/watch?v=uo5Putd1mIc&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=GIp-N-sIuEQ&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=TJ4C4kEMz0M&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=4tKTWUCe2HM&ab_channel=EditoriaSpettacolo

Fotografie, manifesti e bozzetti:  https://archivio.piccoloteatro.org/eurolab/repertorio.php?IDmondo=605&input2=pornografia&page=0#605 

Glossario Pornografia sui temi dell’opera di Witold Gombrowicz, con interventi di Edyta Scibior:

https://www.youtube.com/watch?v=3y48DjaYl-c&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=tIABJz8iU88&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=vPkSAYFRVB0&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=GNcR7qrDuGk&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=snvw5Ypgh1g&ab_channel=EditoriaSpettacolo

https://www.youtube.com/watch?v=4iBOtj9Aj08&ab_channel=EditoriaSpettacolo

L’infinita ricerca Luca Ronconi al Piccolo Teatro: https://www.youtube.com/watch?v=K_-c1SiYs9U&list=PLykfo01zivRso0Gh9m_Ub6Hbc7iPLLotf&ab_channel=PiccoloTeatrodiMilano  

Il romanzo teatrale di Luca Ronconi: 

https://www.youtube.com/watch?v=-rI4WdksjcE&ab_channel=EditoriaSpettacolo

Piccolo Teatro Grassi, dal 13 marzo al 5 aprile 2014, Pornografia di Witold Gombrowicz con traduzione di Vera Verdiani e regia di Luca Ronconi.  Coproduzione Piccolo Teatro di Milano-Teatro d’Europa, Centro Teatrale Santacristina, in collaborazione con Festival dei Due Mondi di Spoleto 56° edizione.

Scene: Marco Rossi

Luci: Pamela Cantatore

con (in ordine alfabetico) Ivan Alovisio, Riccardo Bini, Jacopo Crovella, Loris Fabiani, Lucia Marinsalta, Michele Nani, Franca Penone, Valentina Picello, Paolo Pierobon, Francesco Rossini

Apparato iconografico:

Immagine 1, 2, 3 e Immagine di copertina:

https://lucaronconi.it/scheda/teatro/pornografia

https://www.piccoloteatro.tv/luca-ronconi/pornografia-le-relazioni-spericolate-di-ronconi