Indagare la solitudine. Vite parallele in “Una questione di pelle” di Marina Vujčić

Martina Mecco

 

Una questione di pelle (“Pitanje anatomije”) è il sesto romanzo della scrittrice croata Marina Vujčić che segna il suo esordio italiano, edito dalla casa editrice Bottega Errante all’interno della collana “estensioni” con la traduzione di Estera Miočić.

Link al libro: https://www.bottegaerranteedizioni.it/?product=una-questione-di-pelle


Presentandosi come l’esordio italiano di Marina Vujčić, il romanzo si apre con un espediente letterario alquanto bizzarro. La controparte femminile, che viene enunciata come “signora Vinter” si imbatte su un annuncio all’interno del giornale “Večernje novosti” – nome di un giornale stampato a Belgrado dal 1953 –, in cui un uomo cerca una signora disponibile ad accarezzargli la schiena. Ad interessare la signora Vinter è proprio il carattere insolito dell’impiego per il quale decide di proporsi, spinta anche da un bisogno prettamente monetario. Accanto alla figura femminile nel romanzo viene delineata, in modo parallelo, quella maschile del “signor Bauer”, il responsabile dell’annuncio. Le due controparti sussistono e si sviluppano parallelamente lungo tutto lo snodarsi della vicenda che li vede protagonisti, creando così una prospettiva d’osservazione necessariamente duplice. In questo equilibrio compositivo, l’attenzione del narratore si sposta come una cinepresa, focalizzandosi alternativamente sulle due figure, obbligando così il lettore a dover porre continuamente in relazione le loro azioni ed emozioni. Inoltre, Vujčić porta a riflettere su come i pensieri dei due si sviluppino contemporaneamente in relazione agli avvenimenti che li legano creando una continua tensione. La metafora filmica è, inoltre, impiegata dall’autrice stessa che spesso ricorre ad espressioni di questo genere:

Se qualcuno avesse avuto l’idea di girare un film mostrando in parallelo la vita del signor Bauer e della signora Vinter, ciò che sarebbe venuto fuori sarebbe stato noioso persino per chi provava curiosità per le loro vite.” (pp. 72-73)

Le vite del signor Bauer e della signora Vinter vengono mostrate dall’esterno, seguendo una struttura narrativa che si compone di parallelismi e che si percepisce anche solo osservando il modo in cui viene organizzato il romanzo. Ogni interruzione, infatti, rappresenta un cambio di prospettiva: si passa repentinamente da Bauer a Vinter in un gioco polifonico che investe tutta l’opera di una componente fortemente dinamica. Questi passaggi ben definiti convivono con una chiara scelta di non costruire una trama particolarmente complessa. Questa rinuncia permette all’autrice di sviluppare un particolare gusto per il dettaglio del quotidiano – un’attenzione per le piccole cose – e di evidenziare aspetti che, altrimenti, risulterebbero posti in secondo piano. A questo proposito, è calzante la modalità con cui viene profilato il signor Bauer. Vujčić impiega diverse pagine a descriverne le abitudini, l’ossessione metodica e morbosa con cui organizza le sue giornate. Spesso lo ritrae intento a leggere racconti, nei quali cerca elementi in cui riconoscersi, una spiegazione alla realtà che lo circonda. Lo stesso accade nel caso della signora Vinter, della quale viene descritto il tempo trascorso a lavorare in banca o i momenti passati in casa una volta finito il turno. Tutti questi aspetti contribuiscono a costruire il microcosmo in cui indagare temi strettamente legati al quotidiano e che ne rivelano – o disvelano – le zone d’ombra.

Ambientato in una Zagabria che non viene mai direttamente enunciata, ma che si riconosce grazie alla presenza di toponimi come la Margaretska ulica o Zrinjevac, Una questione di pelle si presenta come un romanzo incentrato sul tema della solitudine. Questo viene declinato secondo due punti di vista differenti, anche in questo caso incarnati da Florijan e Veronika. In questo modo, Vujčić conduce il lettore in una dimensione più intima dei due personaggi, mostrando anche due modalità differenti di rapportarsi al sentimento di solitudine. Da una parte, Florijan incarna l’idea di un individuo che scopre di vivere nella solitudine prima celata da un imposto automatismo. Le carezze di Veronika disvelano in lui la necessità di fare in conti con la solitudine lasciata dalla morte della moglie Amalija e, in questo modo, inizia un processo di accettazione della condizione stessa di solitudine. Veronika, invece, è ben conscia sin dall’inizio della mancanza derivata dalla separazione con il marito, una mancanza che cerca di colmare divenendo amante di un uomo sposato. 

D’un tratto comprese che quella schiena, di cui da giorni di occupava in maniera ossessiva, smentiva tutta la sua teoria sulla sostenibilità della solitudine. Dal momento che l’essere umano è dotato di una parte del corpo che da solo non riesce a toccare, significa che la natura, l’universo, Dio – in qualunque modo vogliamo chiamarlo – aveva immaginato la cosa diversamente da come lei si ostinava ad affermare.” (p. 178)

In entrambi si ravvisa il tentativo di reagire alla presa di coscienza di sentirsi in qualche modo manchevoli. La dimensione della mancanza è simboleggiata dalla schiena che assume un significato metaforico. Significato che, sebbene si possa cogliere con facilità all’interno del romanzo, viene evidenziato dall’autrice stessa all’interno di un intervento posto in chiusura, quando afferma che la schiena ha la peculiarità di trovarsi in un luogo “che ci rende bisognosi degli altri”. In realtà, il messaggio veicolato non è quello secondo cui occorre mettere a tacere questo bisogno ma, piuttosto, saper prenderne atto per poi, successivamente, reagire. Il reagire di entrambi i personaggi porta a una svolta considerevole nel romanzo, dove si viene a creare una “nuova costellazione dei rapporti” tra i due protagonisti che si identifica con un vero e proprio ribaltamento dei ruoli, che viene simboleggiato dal fatto che iniziano ad essere impiegati i nomi propri dei due protagonisti. Ancora più interessante è che, però, questo vuoto non viene colmato eliminando la tensione che si viene a creare tra Florijan e Veronika, ma attraverso un tentativo di entrambi di realizzarsi. La scelta di Vujčić è quella di far convergere le due vite senza però mai eliminare la distanza che le pone sin dall’inizio come parallele.

Lo stile del romanzo è inoltre asciutto, essenziale. Nonostante ciò, a partire dalle scelte narrative impiegate, questo rivela anche una forte componente di originalità, motivo per cui Una questione di pelle è quindi un’ottima presentazione della prosa di Vujčić in traduzione italiana.