Sulla letteratura tedesca contemporanea. Intervista a Paola Del Zoppo

Intervista a cura di Piergiuseppe Calcagni

 

Critica letteraria e traduttrice dal tedesco e dall’inglese, Paola Del Zoppo insegna Letteratura tedesca all’Università degli studi della Tuscia. È inoltre nel corpo docente del Master di II livello in Traduzione letteraria ed editing dei testi dell’Università degli studi di Siena e co-fondatrice e direttrice editoriale della Del Vecchio Editore. Fra gli autori tradotti ci sono Hilde Domin, Lutz Seiler, Marion Poschmann, Leonhard Frank e Felicitas Hoppe.


 

PC: Lei è curatrice dell’edizione delle opere complete di Hilde Domin, con un progetto finanziato dalla Kunststiftung Nordrhein Westfalen. Ci può dire qualcosa di più sulla nascita e sullo sviluppo di questo progetto?

PDZ: Questo progetto nasce dopo la pubblicazione di un altro volume, Con l’avvallo delle nuvole. Ondina Granato, che si occupò della traduzione di tutte le poesie di questa raccolta, ci propose di presentare Domin al pubblico italiano perché c’erano in Italia poesie di questa autrice, ma erano presenti solo su riviste o altre miscellanee, non esisteva un intero volume dedicato a lei. Questa raccolta andò così bene (con le vendite e con la ricezione da parte della critica) che pensai di sviluppare un progetto più ampio e tradurre tutte le liriche. La mia intenzione è quella di proseguire con gli scritti autobiografici e critici. Gli altri volumi già pubblicati sono (in ordine cronologico) Alla fine è la parola, Lettera su un altro continente e Il coltello che ricorda. In tutti i volumi sono presenti un’introduzione e un apparato critico che hanno lo scopo di presentare al meglio le poesie di Hilde Domin al lettore italiano e prima delle poesie ci sono anche dei saggi scritti da Domin stessa. Quello più diverso dagli altri è l’ultimo perché contiene un’appendice, delle poesie presenti ne Con l’avvallo delle nuvole revisionate e una poesia dove Domin si è tradotta da sola dallo spagnolo al tedesco. La cosa che mi è piaciuta di più del progetto è stata collaborare e confrontarmi con tutti i traduttori e tutte le traduttrici che hanno partecipato, in particolare con Anna Maria Curci, perché mi sono occupata della rilettura e della revisione insieme a lei.

     

PC: Perché secondo lei il pubblico italiano dovrebbe leggere Hilde Domin?

PDZ: Ci sono tanti motivi. Innanzitutto, è un tipo di poesia che in Italia non si è mai vista, nel senso che è apparentemente semplice e non ha paura di affrontare temi che possono sembrare scontati. La poesia contemporanea ha un atteggiamento verso i sentimenti amorosi, per esempio, diverso da quello di Hilde Domin, perché anche quei sentimenti vengono inseriti all’interno della sperimentazione stilistica e ci si pone in modo critico. Invece Domin su questo è molto limpida, scrive poesie d’amore in modo sincero, senza complicare la vita a chi legge. Non è strano se pensiamo che fra le sue ispirazioni c’erano Garcia Lorca e Pablo Neruda. L’altro motivo è la semplicità di Domin. Il messaggio delle sue poesie è chiaro a tutti, non è enigmatico o difficile da comprendere, ma ha molti livelli: possiamo interpretare i testi come semplici o possiamo soffermarci a riflettere e capire che in realtà il senso è più profondo. Comunque, entrambi i tipi di lettura sono ammessi. Inoltre Hilde Domin è un’autrice prevalentemente politica. Si occupava in particolare di ecologismo e della questione degli immigrati. Quest’ultimo, forse anche a causa della sua vita da esule, è stato un argomento molto importante per lei. In una delle lezioni di Francoforte parla della condizione dell’immigrato come condizione poetica e ragione su quelli che chiama Heimatlose (i “senza patria”). Durante un discorso tenuto in un’accademia in occasione di una premiazione mette in relazione la situazione dell’espatriato, o dell’Heimatlose, con la situazione della donna. Questi temi emergono soprattutto negli scritti critici, come le Lezioni di Francoforte, ma Il coltello che ricorda è pieno di poesie politiche.

Hilde Domin

 

PC: Dal momento che la Del Vecchio ha sempre dedicato molta attenzione alla letteratura tedesca contemporanea, cosa ne pensa, in generale, della sua ricezione in Italia?

PDZ: Il discorso non è semplicissimo. La prima cosa da fare è recuperare la distinzione fra letteratura tedesca, austriaca e svizzera. Il problema della letteratura tedesca, da ormai tanto tempo, è che viene vista come una letteratura “pesante”, non solo a causa di questioni politiche o storiche, ma anche perché quando si pensa alla Germania si pensa alla anche alla filosofia. Una cosa che manca, ad esempio, è la letteratura tedesca fantastica. Noi della Del Vecchio abbiamo pubblicato due scrittrici di questo genere per la prima volta in Italia, sto parlando di Felicitas Hoppe e Sibylle Lewitscharoff, di cui da poco sono usciti altri due romanzi, rispettivamente Pigafetta e Pong. Per quanto riguarda Lewitscharoff il discorso è un po’ diverso, ma Hoppe invece lavora esclusivamente sulla fantasia e ci sono testi molto belli dove dice che se si vuole innovare in letteratura l’unico mezzo possibile è il fantastico. Infatti lei scrive libri in cui decostruisce gli immaginari per ricostruirli come vuole lei. In Italia abbiamo Hoffmann che funge da parametro per la letteratura fantastica tedesca quando invece c’è molto di più. Inoltre esistono autori e autrici che la Germania ritiene fondamentali per la cultura, non solo tedesca ma anche europea, e da noi sono assenti. Il primo esempio che mi viene in mente è Marie Luise Kaschnitz, scrittrice molto famosa che in Italia non è mai arrivata. Io non sono mai riuscita a portare Ror Wolf perché è molto difficile da tradurre, d’altronde è uno scrittore che ha sempre lavorato sulla sperimentazione stilistica. Però in generale io credo che le categorizzazioni e le collocazioni, di cui il mondo editoriale ha bisogno per vendere, facciano male alla letteratura di lingua tedesca, che di per sé è poliedrica. Lewitscharoff, per esempio, è stata collocata nel realismo magico… È vero che le sue ispirazioni sono Kafka e Calvino, ma è comunque molto riduttivo. Anche “l’autore migrante” è diventata una collocazione ed è un’etichetta soprattutto per la letteratura austriaca, perché ha tanti scrittori e scrittrici di lingua tedesca che però hanno origini diverse. Il problema è che questa collocazione colpisce anche gli scrittori che non si occupano di temi come l’identità o la cultura. Se parliamo di letteratura di lingua tedesca le categorizzazioni che vendono di più, ovviamente, sono quelle dell’Olocausto e della Seconda guerra mondiale.

 

Sibylle Lewitscharoff

PC: Nelle sue ricerche si è occupata anche del rapporto fra i gender studies e la letteratura comparata. Cosa può dirci sul panorama letterario di lingua tedesca in relazione agli studi di genere?

PDZ: Ci tengo innanzitutto a dire che a noi manca il romanzo femminile dell’Ottocento di lingua tedesca. Ci sono scrittrici del Novecento, come Irmgard Keun e Caroline Schutti, che vengono tradotte in Italia ma le loro fonti di ispirazione non le conosciamo. Il primo esempio che mi viene in mente è Margarete Böhme, un’autrice attiva fra la fine dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Grazie a Il diario di una donna perduta, la sua opera più importante, diventò famosa in tutto il mondo vendendo milioni di copie, ma fu tradotta una volta sola in italiano. Mancano anche le traduzioni di Gabriele Reuter, basta pensare che Thomas Mann scrisse una monografia su di lei. Non è facile trovare persone in Italia che si occupano di studi di genere legati alla letteratura di lingua tedesca e le autrici trattate sono Jelinek, che è comunque molto famosa, e Marlene Streeruwitz, un’autrice femminista contemporanea che fa ancora fatica a entrare in Italia. Fra l’altro è difficile trovare germanisti uomini che si occupano di questi argomenti, mentre in Germania non è così. Le differenze esistono anche all’interno dei Paesi di lingua tedesca. Secondo me in Austria sono molto attivi, in Germania c’è un atteggiamento molto più intellettualistico, in Svizzera lavorano tanto sull’intersezionalità. Comunque vi segnalo Juli Zeh, Jenny Erpenbeck, e Katja Petrowskaja che si possono trovare in Italia.

 

Apparato iconografico:

Immagine in evidenza: https://fondopoesiacontemporanea.files.wordpress.com/2017/12/paola-del-zoppo.jpg?w=640a

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Immagine 2: https://upload.wikimedia.org/wikipedia/commons/6/63/Sibylle_Lewitscharoff-KS01.jpg