Ombre erranti nella Zona. “Picnic sul ciglio della strada” di Arkadij e Boris Strugackij

Sara Deon

“Devo essere pronto.
E se io, insomma, risultassi inutile nel loro sistema?
E se tutti noi risultassimo inutili?”

Nella galassia dei massimi esponenti della narrativa fantascientifica mondiale è impossibile prescindere dai fratelli Arkadij e Boris Strugackij. Coniugando rispettivamente i loro interessi nel campo letterario – Arkadij il lavoro editoriale, Boris la ricerca astronomica –, l’opus strugackiano è accomunato dalle visionarie capacità immaginifiche impiegate nel raccontare scenari plausibili ambientati in futuri remoti. 

Nonostante il travagliato rapporto con la censura sovietica che impattò la redazione e pubblicazione delle loro opere, la loro influenza entro e oltre i confini nazionali fu straordinaria. A testimonianza di ciò, in un discorso in memoria dei due fratelli, lo scrittore Aleksander Genis rimarcò l’influenza di Arkadij e Boris sui loro compatrioti sovietici, definendola maggiore non solo rispetto a Marx ed Engels, ma anche Solženicyn e Brodskij: “sono stati loro, non Brežnev, a creare l’uomo sovietico così com’era, così come attraversava lo spostamento tettonico dei paesi e delle epoche”. 

Oggi le traduzioni italiane delle opere sono disponibili a catalogo grazie al contributo di due case editrici, ovvero Carbonio Editore e Marcos y Marcos. Tra le loro opere più famose vi sono È difficile essere un dio (“Trudno byt’ bogom”, 1964), La città condannata (“Grad obrečënnij”, 1975), La chiocciola sul pendio (“Ulitka na sklone”, 1972) e il loro capolavoro, Picnic sul ciglio della strada (“Picnic na obočine”), la cui popolarità è dovuta in larga parte all’adattamento di Andrej Tarkovskij del 1979, Stalker. Lo scorso ottobre, per la prima volta in Italia è stata pubblicata per Marcos y Marcos la versione autoriale di Picnic sul ciglio della strada, ossia non più “mutilata e deturpata da duecento umilianti correzioni al testo”, nella traduzione  di Paolo Nori e Diletta Bacci. 

Link al libro: https://marcosymarcos.com/libri/picnic-sul-ciglio-della-strada-2/

Picnic sul ciglio della strada – Marcos y Marcos


Perfetto rappresentante della fantascienza filosofica, nell’antefatto il romanzo informa il lettore che una visita aliena, sempre menzionata come “la Visita”, ha avuto luogo una decina di anni prima in diverse località del globo, ma tra alieni e umani non si è verificato nessun contatto e, anzi, l’umanità sarebbe stata perlopiù ignorata. Unica testimonianza di tale passaggio è la presenza di sei aree, ribattezzate Zone, divenute inabitabili e dove la specie aliena avrebbe lasciato dietro di sé diversi manufatti extraterrestri, la cui modalità d’uso e scopo risulta perlopiù incomprensibile agli umani. Consapevole del potenziale di tali oggetti, che potrebbero tradursi in oro come in trappole letali, il governo ha recintato con il filo spinato la Zona, impedendone l’accesso non autorizzato. 

Eccola lì, la nostra Zona, allunghi una mano, è tutta tua, dal dodicesimo piano… A guardarla sembra una terra come qualsiasi altra. Su di lei splende il sole come su qualsiasi altra terra, ed è come se lì non fosse cambiato niente, tutto è come tredici anni fa. […] Coni di roccia gialli, gruppi elettrogeni brillano al sole, binari, binari, binari, sui binari una locomotiva e dei vagoni merci… Un paesaggio industriale, in pratica. Solo, senza persone. Né vivi né morti.” (p. 28)

Gli unici capaci di eludere la sorveglianza militare per accedere alla Zona e orientarsi senza smarrirsi sono gli stalker, contrabbandieri di tesori alieni, quei giovani disperati che, a proprio rischio e pericolo, si introducono nella Zona e portano via tutto quello che riescono a trovare (p. 15). Anche quando hanno esito positivo, da queste esplorazioni clandestine nella Zona gli stalker non escono mai illesi, più spesso con sintomi apparentemente invisibili che si manifestano, puntuali, quando danno alla luce bambini affetti da gravi malformazioni genetiche. 

A proposito di queste figure, è interessante soffermarsi sulla genesi del termine “stalker”, di fatto una delle poche parole del lessico strugackiano a essere diventate di uso comune. Non è un caso infatti, come scrive Boris Strugackij nella postfazione al romanzo, che Tarkovskij l’abbia scelto come titolo della sua pellicola, e proprio a lui si deve la popolarità e diffusione del termine. Deriva dal verbo inglese to stalk, ossia “avvicinarsi furtivamente”, “andare quatti quatti” e i due fratelli vennero a contatto con tale definizione non da un dizionario, ma da un romanzo di Kipling, intitolato L’audace compagnia, dove il capo di una banda di allegri scolari inglesi della fine del XIX secolo si chiamava proprio Stalky: un ragazzo crudele e spigoloso, capace allo stesso tempo di generosità e nobiltà d’animo. 

Con la Zona è così. Torni con la roba: un miracolo; torni vivo: un successo; torni con una pallottola dei sorveglianti: un colpo di fortuna; tutto il resto: destino.” (p. 29)

Dopo l’antefatto, dominato da un’intervista di Radio Harmont al dottor Valentin Peelman in occasione del conferimento a quest’ultimo del premio Nobel per la fisica per i suoi studi sulla Visita, il romanzo si suddivide in quattro sezioni, che seguono a distanza di tredici, diciotto, venti e ventun’anni dopo il passaggio alieno le vicende dello stalker Red Schouart, il più capace della cittadina industriale di Harmont. In questo lasso di tempo, vanno aumentando anche voci secondo cui oltre ai gusci energetici, agli antigravitometri e alla letale gelatina di strega, il cui contatto dissolve immediatamente gli arti, nella Zona vi sia anche la Sfera d’oro, un oggetto in grado di esaudire qualsiasi desiderio. La possibile esistenza di un manufatto simile, insieme all’opportunità di arricchirsi grazie all’attività di contrabbando, spingono gli stalker – e Red in primis – a mettere a rischio la propria vita, entrando e uscendo dalla Zona alla ricerca di una ricompensa, di un lavoro che li nobiliti, di una ragione per vivere un altro giorno ancora. 

Stalker - Script Analysis

Al di là della centralità narrativa di Red nel corso del romanzo, i due reali protagonisti sono, in realtà, un non-luogo e un non-evento, ovvero la Zona e la Visita.

La Zona, in primis, è un’area che si è ribellata alle leggi della fisica, dove il tempo scorre diversamente e i morti tornano in vita – ricordando, per alcuni aspetti, il pianeta Solaris di Lem –, disabitata e ricca di minacce e meraviglie. Le anomalie extra-terrestri presenti nella Zona hanno a lungo ispirato disparati interrogativi sul significato metaforico del luogo, tra chi la leggeva in un’ottica psicoanalitica, vedendo nella Zona una forma dell’inconscio individuale e collettivo, e nella sua capacità di esaudire i desideri grazie alla Sfera d’oro la fede nel miracolo in un’epoca atea e amorale, incarnata nei nuovi pellegrini (gli stalker). Un’altra interpretazione possibile, più facilmente riconoscibile per le persone russofone, è legata proprio al suo nome: in russo moderno, il termine “zona” significa anche “campo di concentramento”, impiegato con questa accezione anche da Aleksandr Solženicyn in Una giornata di Ivan Denisovič (“Odin den’ Ivana Denisoviča”, 1962) e registrata anche nel dizionario russo-italiano a cura di Julija Dobrovol’skaja, come “zona all’interno del reticolato del lager”. Il termine riappare anche in un’opera nota di Sergej Dovlatov, Zona. Zapiski nadziratelja (“Regime speciale”, 1982), dove l’autore racconta la sua esperienza di sorvegliante in un campo di lavoro sovietico. D’altra parte, interrogato sul significato simbolico della Zona, lo stesso Tarkovskij rispose: la Zona, come ogni altra cosa nei miei film, non simboleggia nulla: la Zona è la Zona, la Zona è la vita: attraversandola l’uomo o si spezza, o resiste.

L’altro soggetto centrale è la Visita, un non-evento perché avvenuto senza che nessuno se ne accorgesse e senza nessuna interazione tra specie umana e aliena, e in ultima istanza preso in esame solo a ritroso partendo dai relitti che la specie extraterrestre si è lasciata dietro. Il riferimento al “picnic sul ciglio della strada”, allora, secondo le parole che Richard Noonan pronuncia in conversazione con il dottor Peelman in uno dei passaggi più rappresentativi della visione strugackiana dell’umanità, non sarebbe altro che un’analogia per concettualizzare la visita aliena: così come dopo un picnic sul limitare del bosco, un gruppo di persone potrebbe abbandonare magneti, apribottiglie, bicchieri e spazzatura, ignorando la specie animale che quel bosco lo abita, così in un secondo momento quegli stessi animali potrebbero interfacciarsi con quegli oggetti senza capirne la funzione. 

Adesso sappiamo che, per l’umanità nel suo insieme, la Visita, tutto sommato, è avvenuta senza lasciare tracce. Per l’umanità tutto avviene senza lasciare tracce.” (p. 170)

La presenza della Zona e l’attività degli Stalker, incarnata nella figura di Red, insieme ai dibattiti sulle conseguenze della Visita diventa l’occasione per riflettere sulla presenza dell’uomo al centro del mondo e per minarne l’indiscusso antropocentrismo, sul rapporto tra ragione e umano, sullo scontro tra fede e scienza e sui limiti di quest’ultima nel fornire risposte a domande che non è ancora capace di formulare, il desiderio di cambiamento dell’umano ma anche la sua rassegnazione e aporia, e il suo timore di diventare sostituibile o, ancora peggio, di essere ormai divenuto superfluo. 

Apparato iconografico: 

Immagine di copertina: https://www.lifegate.it/stalker-di-andrej-tarkovskij-1979

Immagine 1:  https://www.shorescripts.com/stalker-script-analysis/