“Dášeňka, vita di un cucciolo”… inafferrabile di Karel Čapek

Bianca Dal Bo

 

Dášeňka è un cucciolo di fox terrier. È irrequietamente curiosa. Sbircia addirittura dallo spioncino della copertina della nuova edizione del libro di cui è l’esuberante protagonista: Dášeňka, vita di un cucciolo (Dášeňka čili život štěněte) di Karel Čapek (1890-1938), pubblicato in Italia per la prima volta da Il Vascello nel 1992, rispunta nelle librerie rieditato nel 2022 da WoM Edizioni, con traduzione di Anna Maria Perissutti. 

Link al libro: https://www.womedizioni.it/catalogo/dasenka-karel-capek/


In Dášeňka, vita di un cucciolo, libro e primattrice straripano ingestibili da qualsiasi recinto. Innanzitutto, le consistenti pagine del libro vengono stampate fuori-confine, in Lettonia, da Jelgavas tipogrāfija, e le loro dimensioni di 20 x 28 cm, pur avendo come tema la vita di un minuscolo corpicino inizialmente sorreggibile dal palmo di una mano, soverchiano le misure limite di un rettangolare libro nella norma. L’albo non passa di sicuro inosservato anche grazie a quel tratto (con significato di ‘segno’, ma anche di ‘qualcosa che è tolto’) tipico della sua nuova divertente casa editrice. La copertina di ogni libro della WoM si presenta, infatti, sotto le mentite spoglie di una porta forata da un buco centrale che svela una seconda copertina retrostante, chiedendo silenziosamente al lettore di girare pagina e mettere in pratica quel gesto di svelamento, incerto desiderio conoscitivo, intrinseco a ogni lettura. Aperta la porta della casa-scrittura del signor Čapek emergono, in questo specifico caso, le dolci fauci affamate di Dášeňka e, per prevenzione, un sano avvertimento: “Attenti al cane!” (in ceco: “Pozor zlý pes!”).  

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Inoltre, la composizione interna dell’opera è del tutto fuori controllo: l’artista si è lasciato prendere la mano e i primi butti (o botti?) esplosivi della vita di una palla di pelo palpitante si articolano in un libro che, seppur in bianco e nero, si colora di forme differenti: scrittura, fotografia e disegno sono le linee integrate e stravaganti con cui lo stesso Karel Čapek tratteggia con dolcezza le avventure di Dášeňka. Ed è proprio a causa delle sue inaccettabili “devianze” tematiche che l’autore, a suo tempo, viene preso ingiustamente di mira dalla critica: l’etico spessore di questo suo esercizio di attenzione nei confronti di una vita, che sia il germogliare delle piantine del proprio edenico giardino dietro casa, che sia l’umanità intera o la storia di un fox terrier, sfugge ad accademici e letterati, sfociando in male interpretato “compiaciuto minimalismo borghese” chiuso nei suoi privilegi. Karel Čapek è conosciuto, in effetti, come il celebre autore ceco di successi appartenenti all’ambito della letteratura “proto-scientifica”, impegnata a riflettere su quel centrale equilibrio tra l’inarrestabile progresso della scienza e il pericolo che si risolva, se non pensata e usata eticamente, in totale distruzione dell’umanità. Per citare alcune opere, R.U.R. (“R.U.R.”, 1929), la commedia da cui nacque la parola “robot”, suggerita dall’altrettanto creativo e indivisibile fratello, Josef Čapek, Krakatit (“Krakatite”, 1924), Věc Makropulos (“L’affare Makropulos”, 1926), Továrna na absolutno (“La fabbrica dell’assoluto”, 1984). Sulla scia di queste opere, un libro dedicato al proprio animale domestico può apparire una perdita di tempo. In realtà, come nascondono gli scritti appena citati, anche Dášeňka, vita di un cucciolo è frutto di un umile amore e rispetto verso l’uomo, la natura e ogni sua forma di vita. E l’insaziabile passione di Čapek verso ogni forma del creare e dell’operare, si articola in interminabili esperienze: viaggi, disegni, fotografie, scrittura, feuilleton e articoli di giornale, la cura verso un cucciolo di cane, un profondo lavoro di giardiniere. Dalle parole del drammaturgo ceco František Langer: “Amare significava per Čapek curare e coltivare, il giardino non riusciva a contenere tutto il suo lavoro. Quando rischiava di non aver più nulla da fare, espandeva il giardino sopra e sotto la terra. Invece della recinzione, egli costruì un muro di pietre per potersi poi divertire, durante tutto l’anno, a piantare fiori negli interstizi”. Ogni interstizio della vita di questo artista iperattivo è imbevuto del suo sguardo profondo, è occasione imperdibile di un continuo (as)saggiare.

Ecco che, a immagine del proprio padrone e della sua iperattiva curiosità, pur parendo un calmo batuffolo di pelo, Dášeňka stessa, dopo essersi finalmente schiusi, uno dopo l’altro, entrambi gli occhietti, può cominciare a relazionarsi all’istante come una trottola con tutto ciò che la circonda. 

Va in giro dove le pare e piace; la casa, il giardino, l’universo intero fin dove arriva il recinto sono di sua proprietà. Questo universo è stracolmo di cose che bisogna assaggiare, per verificare se possono essere masticate o eventualmente divorate; c’è una marea di stanze segrete in cui si possono fare esperimenti interessanti […]”. (p. 27)

Il caotico gomitolo di scoperte e ruzzoloni della piccola Dášeňka si districa, in questo albo illustrato, in tre parti: l’umoristico racconto in quattro capitoli del movimentato interfacciarsi del cucciolo con la vita; un manuale sui ripetuti fiaschi dello scrittore nel tentativo di immortalare questo terremoto in qualche foto; e, per ultima, la raccolta di Favole per Dášeňka, perché se ne stia seduta tranquilla, nella speranza (tradita di continuo da una certa irrequieta ascoltatrice) di salvare qualche oggetto in pericolo di distruzione. 

Nella prima sezione, le tre “mamme” che tentano di accompagnare Dášeňka nel suo complesso compito di crescita, sono Iris (la mamma cane), la voce della natura (severa, ma spesso indaffarata a seguire qualche altro cucciolo disperso per il mondo) e il padroncino Čapek, che non solo ripulisce il caos universale che il fox terrier lascia alle sue spalle (o alla sua coda), ma si prende la responsabilità di riportarne su carta con cura la storia. Per esempio, il lettore ha l’onore di venire a conoscenza, in ordine di importanza, delle cinque attività preferite di un fox terrier: correre, rosicchiare, tiro alla fune, lotta greco-romana-canina (queste due ultime pratiche, portate a termine con la partecipazione di mamma Iris, ormai spelacchiata fino all’ultimo pelo) e ritmica. 

Al titolo della seconda breve parte del libro, Come si fotografa un cucciolo, Čapek risponde onestamente: Fotografarla era semplicemente un’impresa impossibile. Cari miei, è più facile immortalare qualcuno che precipita in un burrone o un fulmine mentre appare in cielo, piuttosto che la vita di un cucciolo. (p. 57) Se si cerca di intrattenerla, Dášeňka non è in vena di storie; se la si corrompe con del cibo, divora tutto in un millesimo di secondo e inizia a correre per riceverne ancora; se si assiste al miracolo di scorgerla incredibilmente ferma, allora è il fotografo a non aver messo la pellicola nella macchina fotografica. Seppur un cucciolo si fotografi “male”, Čapek ammette di aver avuto, però, numerose botte di fortuna, come dimostrano le fotografie che si intersecano nel libro ai momenti di narrazione. 

Infine, la divertente “biografia” di Dášeňka si conclude con la raccolta di fiabe inventate dall’artista per calmare uno spirito irrequieto. Čapek, davanti al suo pubblico canino, si diverte e narra le avventure del fortissimo Foxlík, eroe azzannatore di banditi (tra cui è doveroso ricordare il terribile e cannibale “Accalappiacani” a cui vennero strappati i pantaloni), racconta della nascita di doberman e levrieri e il perché del continuo scavare dei terrier, parla di Fox, primo terrier del mondo che, per portare un diavolo curioso in paradiso, finì per esserne cacciato…: 

Ma al Creatore, si capisce, non si nasconde nulla. «Bambini, bambini», disse, «mi sembra che qualcuno abbia un diavolo in corpo!» […]. Emise un semplice «Bau» e chiuse di nuovo la bocca. «Male, male, Fox» disse il Creatore, «se hai un diavolo in corpo non puoi servire gli angeli. Scenderai sulla terra e sarai l’amico dell’uomo». Da allora, cara la mia Dášeňka, per colpa dei diavoli, tutti i fox terrier hanno un diavoletto in corpo e una macchiolina nera sul palato, segno del diavolo. Così è la storia. E ora vai pure a correre.” (p. 75)

Karel Čapek ama giocare non solo con le parole, ma con ogni essere, animato e non, che incontra. Il suo umile e creativo impegno, in armonia con la natura e con tutto se stesso, nel prendere parte ogni volta a una nuova esperienza, ricorda inevitabilmente una certa anima curiosa, quella di Dášeňka e di questo stesso libro. Impossibile tentare di immortalarli: scrittore, cucciolo e opera, si divertiranno a sbirciare da ogni buco della serratura. 

Apparato iconografico: 

Immagine 1: dasenka_sovracoperta.jpg (889×1307) (wp.com) 

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