“Welcome to Chechnya”. Il film sulle purghe anti-LGBT nella Cecenia di Kadyrov

Claudia Fiorito

 

Non si possono arrestare o reprimere persone che non esistono […]. Se queste persone esistessero in Cecenia, le forze dell’ordine non dovrebbero preoccuparsene, perché i loro parenti li manderebbero in luoghi da cui non potrebbero più tornare”.

Con queste parole Alvi Karimov, portavoce del presidente ceceno Ramzan Kadyrov, affronta le accuse della stampa riguardanti presunte persecuzioni di persone appartenenti alla comunità LGBTQ+ sul territorio della Repubblica di Cecenia, regione situata a sud della Russia al confine con la Georgia. 

Secondo il giornale di opposizione “Novaja Gazeta”, il primo a riportare di misteriose sparizioni ed efferate violenze ai danni soprattutto di uomini omosessuali, all’aprile 2017 vi erano state più di cento detenzioni e tre vittime, confermate non solo da testimonianze di attivisti locali per i diritti della comunità LGBTQIA+, ma altresì fonti provenienti dallo stesso ministero dell’interno della Repubblica di Cecenia, nonché dall’amministrazione governativa di Kadyrov. Le carcerazioni, i pestaggi, le intimidazioni, erano e sono tutt’oggi non solo perpetrate ai danni dei comuni cittadini, ma coinvolgono anche persone note all’interno della regione, come personaggi televisivi, artisti, cantanti. 

Le notizie sugli avvenimenti sono state coperte a partire dal 2017 con particolare attenzione – oltre che dal giornale “Novaja Gazeta” – anche da “Meduza”, giornale russofono indipendente con sede a Riga, attraverso reportage, interviste ad attivisti locali e alle vittime sopravvissute. Elena Kostjučenko, giornalista che collabora con “Meduza”, ha condotto nel 2017 un’intervista ad una delle vittime, torturata e poi rilasciata per mancanza di “prove” che dimostrassero la sua sospetta omosessualità:

All’inizio ci hanno picchiato per qualche ora. Avevo un grave ematoma qui, mi hanno rotto le costole. Poi l’elettroshock. Una certa bobina speciale, delle mollette di ferro sulle orecchie o sulle mani e hanno iniziato. Ho sopportato. Moralmente è stato molto più doloroso. Dicono che se colpisci con un coltello la ferita si rimargina, ma se usi la parola mai. La mia psiche è stata distrutta. Stavano cercando il mio amico, non riuscivano a trovare il suo numero. Ho detto che conosco tutti solo di vista, come i vicini di casa, che ho una mia famiglia. Dico: se sono gay, porta un uomo che dica di essere stato con me. Giuro che non è vero. Ve lo giuro.

Il governo Kadyrov ha continuato a negare negli anni l’esistenza di attività persecutorie ai danni della comunità LGBTQIA+, adducendo tra le altre motivazioni quelle di matrice religiosa, essendo la Cecenia una regione a maggioranza musulmana: Karimov ha infatti dichiarato nel 2019 che le voci sulle presunte violenze, nonché dell’esistenza di persone omosessuali nella regione non siano altro che fake news diffuse da persone “preoccupate dal fatto che la popolazione islamica stia diventando più forte”. 

Ed è nel 2019 che David France, documentarista americano, decide di realizzare in Cecenia un film sull’attività di un gruppo di volontari russi nei loro tentativi di aiutare le vittime di tali persecuzioni a lasciare il paese. France, nominato agli oscar per il suo film How to Survive a Plague (2012), sulle origini ed evoluzione dell’epidemia di AIDS negli USA, e famoso inoltre per il documentario Netflix The Death and Life of Marsha P. Johnson (2017), dedicato alla vita dell’attivista tra i fondatori del Gay Liberation Front negli anni ’60, non è dunque nuovo alle tematiche legate ai diritti civili delle persone appartenenti alla comunità LGBTQIA+. Ma il film Welcome to Chechnya, distribuito nel 2020 dalla HBO films, ha forse rappresentato la sua opera più rischiosa, per fattibilità e pericoli corsi dalla troupe e dalle persone coinvolte nelle riprese.

Il film segue le storie di alcune vittime delle persecuzioni cecene, narrate da loro stesse, e le testimonianze degli attivisti riguardanti l’organizzazione delle operazioni di fuga. Tutelare l’incolumità degli attivisti e delle vittime, nonché del cast tecnico di France e del regista stesso, ha costituito dunque una priorità che ha influenzato notevolmente i processi di realizzazione del film. Era assolutamente necessario, inoltre, mantenere nascosto il materiale girato: Abbiamo dovuto adottare un rigido protocollo di sicurezza per proteggere questi file”, ha dichiarato il regista durante un’intervista alla rivista americana “Deadline”: “ad esempio, assicurarci che nessuna clip venisse messa su internet. Non potevamo trasmettere nulla sul web. Non abbiamo neanche mai permesso che il materiale girato venisse messo su un computer che fosse mai stato su internet. Abbiamo escogitato diversi livelli di sicurezza per far uscire i filmati dal paese il prima possibile: la maggior parte erano copie multiple criptate, nel caso in cui fosse successo qualcosa ad uno dei supporti. Era una situazione in cui dovevamo essere estremamente prudenti, perché la vita di altre persone era in bilico.”

Per tutelare le persone coinvolte nelle riprese, inoltre, France si è servito di un importante apparato tecnologico. Gli attivisti erano forniti di telecamere nascoste, per documentare i contatti con le autorità locali; inoltre, per garantire l’anonimità delle vittime, il cast tecnico si è servito di un espediente di post-produzione all’avanguardia: il face mapping. I volti delle vittime, a cui era stata garantita la totale anonimità, sono stati infatti censurati e “sostituiti” da volti di volontari ed attivisti, precedentemente mappati e in seguito sovrapposti in fase di post-produzione a quelli dei protagonisti delle vicende, in modo da permettere agli spettatori di non rinunciare a vedere le espressioni facciali delle vittime per tutta la durata del film. 

Il documentario include inoltre filmati reali dei pestaggi e delle torture perpetrati sulle vittime: si tratta di veri e propri video-trofeo, diffusi online dagli stessi responsabili e finiti nelle mani degli attivisti, che attraverso di essi hanno potuto denunciare gli avvenimenti, come riporta il regista in un’intervista del 2020 alla National Public Radio, organizzazione no-profit indipendente con sede a Washington. 

Il film è stato presentato al Sundance Film Festival e ha partecipato tra i più importanti festival cinematografici mondiali, ricevendo plausi e riconoscimenti dalla critica, tra cui l’Amnesty International film Prize alla 70a edizione della Berlinale nel 2020, e il BAFTA Tv international award nel 2021.

Qual è il destino delle persone queer in Cecenia? Con l’arrivo della pandemia da Covid-19 la regione ha adottato tra i più restrittivi regimi di lockdown, rendendo impossibile per chiunque lasciare la Cecenia senza essere scoperti. Gli articoli sull’argomento nei media russofoni, nonché sui canali occidentali, hanno col tempo incominciato ad essere pubblicati meno frequentemente, scemando fino a quasi scomparire. Per quanto le voci di alcuni leader occidentali si siano alzate all’insorgere delle prime notizie, come nel caso delle dichiarazioni di Emmanuel Macron e Angela Merkel nel 2017 che hanno sollecitato il presidente russo Vladimir Putin a prendere dei provvedimenti per tutelare le minoranze nella regione, queste non hanno trovato riscontro. E al 2021, l’atteggiamento di Ramzan Kadyrov non è cambiato: lui stesso ha invitato il presidente degli Stati Uniti Joe Biden in Cecenia, a verificare personalmente che “qui, finocchi non ce ne sono”. 

Sitografia:

Chechen Authorities Arresting and Killing Gay Men, Russian Paper Says, in “The New York Times”, aprile 2017 https://www.nytimes.com/2017/04/01/world/europe/chechen-authorities-arresting-and-killing-gay-men-russian-paper-says.html (ultima consultazione: 01/06/2022)

Ubijstvo česti ambicii izvestnogo LGBT-aktivista razbudili v čečne strašnyj drevnij obyčaj, in “Novaja Gazeta”, aprile 2017. https://novayagazeta.ru/articles/2017/04/01/71983-ubiystvo-chesti (ultima consultazione: 01/06/2022)

‘Vy ego ub’ete ili my ego ub’em. Vybiraete, čto lučše’ Monolog gomoseksuala, sbežaševo iz Čečni, in “Meduza” aprile 2017. https://meduza.io/feature/2017/04/16/vy-ego-ubiete-ili-my-ego-ubiem-vybirayte-chto-luchshe (ultima consultazione: 01/06/2022)

Chechnya Gay Rights: Merkel Urges Putin to Intervene, in “BBC News”, maggio 2017. https://www.bbc.com/news/world-europe-39779491 (ultima consultazione: 01/06/2022)

Macron calls on Putin to protect gay Chechens, in “CNN”, maggio 2017. https://www.cnn.com/2017/05/29/europe/macron-putin-russia/index.html (ultima consultazione: 01/06/2022)

V Čečne snova presledujut i pytajut geev. S načala dekabrja, vosmožno, ubity neskol’ko čelovek, in “Meduza”, gennaio 2019. https://meduza.io/feature/2019/01/14/v-chechne-snova-presleduyut-i-pytayut-geev-s-nachala-dekabrya-vozmozhno-ubity-neskolko-chelovek (ultima consultazione: 01/06/2022)

Interview With The Director Of “Welcome To Chechnya, in “NPR”, giugno 2020 https://www.npr.org/2020/06/28/884458992/interview-with-the-director-of-welcome-to-chechnya (ultima consultazione; 01/06/2022)

Welcome To Chechnya Director David France Talks Dangerous Risks And Lifesaving Hope Of LGBTQ Docu, in “Deadline”, giugno 2020. https://deadline.com/2020/06/welcome-to-chechnya-david-france-interview-hbo-lgbtq-diversity-inclusion-representation-1202972241/ (ultima consultazione; 01/06/2022)

Džo Bajden zajavil o neobchodimosti zašity prav LGBT ‘ot čečny do Kameruna’. Kadyrov pozval evo priechat’ v čečnju – ubedit’sja čto tam ‘net petuchov’, in “Meduza”, settembre 2021. https://meduza.io/news/2021/09/21/dzho-bayden-zayavil-o-neobhodimosti-zaschity-prav-lgbt-ot-chechni-do-kameruna-kadyrov-pozval-ego-priehat-v-chechnyu-ubeditsya-chto-tam-net-petuhov (ultima consultazione; 01/06/2022)

Apparato iconografico:

Immagine di copertina e Immagine 1: https://variety.com/2020/film/news/welcome-to-chechnya-david-france-hbo-1234693891/

Immagine 2: https://www.imdb.com/title/tt11394200/mediaviewer/rm2860754945/?ref_=tt_ov_i