“Ich bin Kunst”: Salomé e le bestie selvagge

Amanda Appiani

Alle sind sie geile Tiere.
“Sono tutti degli animali arrapati.”
(Geile Tiere, 1980)

 

Se tra gli anni Settanta e Ottanta fosse capitato di viaggiare a Berlino Ovest, un posto da visitare a tutti i costi sarebbe stato certamente la discoteca Dschungel. La cosiddetta “Giungla” fu, infatti, fino al 1993 cuore pulsante della scena underground musicale della metropoli teutonica: nata negli anni Venti sul confine tra i quartieri di Charlottenburg e Schöneberg come teatro di varietà ‒ ospitò anche l’icona nera bisessuale Joséphine Baker e il suo Bananenrock ‒, distrutta durante il secondo conflitto mondiale, fu ricostruita come club jazz nel Dopoguerra fino ad assumere poi il nome definitivo di Dschungel e la fama di locale alternativo della controcultura berlinese.

Diventando membri del club si poteva entrare gratis tutto l’anno; altrimenti, per la modica cifra di dieci marchi tedeschi ‒ poco più di cinque euro ‒ e sempre dietro permesso garantito dei buttafuori, si aveva l’occasione di poter incontrare artistə del calibro di Mick Jagger, Grace Jones, Frank Zappa, i frequentatori abituali David Bowie, Iggy Pop, Nick Cave e Blixa Bargeld, oltre a insospettabili come Michel Foucault. Tra la folla trasgressiva della Berlino di quell’epoca ‒ la stessa raccontata da Christiane F in Noi, ragazzi dello zoo di Berlino (“Wir Kinder vom Bahnhof Zoo”, 1978) ‒ poteva capitare di scorgere anche chi era ben più di un habitué del locale: dapprima barista al bancone e poi performer sul palco, con il cranio completamente rasato e occhi chiari sottolineati da pesanti tratti di eyeliner nero, Salomé fu sempre di casa al Dschungel.

Al secolo Wolfgang Ludwig Cihlarz, Salomé è uno dellə artistə tedeschə d’avanguardia più famosə al mondo: dichiaratamente omosessuale, pittore e scultore oltre che musicista punk, l’artista risiede ancora oggi a Berlino, dove si presta a vari progetti musicali a scopo di beneficienza.

Nato nel 1954 e cresciuto a Karlsruhe, nella ricca regione industriale del Baden-Württemberg in Germania Ovest, Cihlarz si trasferì a Berlino nel 1973 per studiare disegno progettistico civile, attività che lo portò a lavorare come progettista sia per l’esercito degli Stati Uniti che per una famosa ditta di telecomunicazioni; in seguito intraprese il percorso artistico alla Universität der Kunste Berlin, la più grande accademia d’arte d’Europa.

Già dagli inizi del soggiorno berlinese iniziò a presentarsi con lo pseudonimo di Salomé, ispirato alla figura biblica della figlia di Erodiade, la quale tramite la sua danza riuscì a corrompere il patrigno, re Erode Antipa, in modo da farsi consegnare la testa del profeta Giovanni Battista: l’episodio, narrato sia nel Vangelo di Matteo che in quello di Marco, ha reso Salomé simbolo di malìa e seduzione fatale e l’ha portata a essere personaggio di varie opere teatrali, pittoriche e letterarie, tra cui una pièce teatrale di Oscar Wilde, l’opera omonima di Richard Strauss, una poesia di Heinrich Heine, due novelle ‒ Hérodias e Hérodiade, rispettivamente di Gustave Flaubert e Stéphane Mallarmé ‒ e quadri di pittorə come Franz von Stuck e Gustave Moreau, di cui fu soggetto prediletto.

Nella frenetica sottocultura della Berlino degli anni Settanta, Salomé adottò quindi il nome di un’antica figura femminile famosa per le sue movenze provocatorie e la sua sensualità e iniziò a posare come modello e musa di amicə artistə, ottenendo poi un lavoro come barista e cameriere al Dschungel, appunto, così come al locale Anderes Ufer, l’ “altra sponda”, rinomato ritrovo della comunità gay della metropoli ‒ fondato da Gerhard Hoffmann, che Salomé conobbe alla sede della Homosexuelle Aktion Westberlin. All’Anderes Ufer il giovane incontrò personalità del calibro di David Bowie, ai tempi trasferitosi a Berlino, e Reiner Fettig, che sarebbe diventato in futuro, proprio come Salomé, un artista tedesco internazionalmente acclamato: i due intrecciarono una relazione che durò per anni e decisero nel 1977 di fondare, assieme a altrə artistə di simili influenze socio-culturali, la Galerie am Moritzplatz, nel quartiere di Kreuzberg, una galleria autofinanziata in cui lə artistə potevano esporre i propri lavori.

Grazie alla Galerie Salomé poté incontrare un altro artista che avrebbe influenzato in modo significativo la sua carriera: il pittore, scultore e fotografo svizzero Luciano Castelli, cuore pulsante della comunità bohémienne di Lucerna. Castelli, ai tempi salito alla ribalta per essere apparso sulla copertina del catalogo di una mostra d’arte di fama internazionale, era stato anche protagonista di vari autoscatti fotografici a tema queer, in cui appariva di volta in volta in vesti androgine, travestendosi da donna o con look ispirati all’estetica del mondo sadomaso: un esempio è la sequenza di ritratti fotografici in cui Castelli stesso è protagonista e appare in vestiti di lustrini d’ispirazione glam-rock, collant di seta, accessori di pelle, che vennero scelti dal curatore Jean-Christophe Ammann nel 1974 per organizzare una retrospettiva intitolata Transformer – Aspects of Travesty.

Nel 1978, il performer svizzero incontrò Salomé proprio alla Galerie am Moritzplatz e due anni dopo, nel 1980, i due, di vedute artistiche simili, fondarono una band punk dall’autoesplicativo nome Geile Tiere, “animali arrapati”, che sarebbe diventata di casa al Dschungel per tutta la durata del decennio.

Geile Tiere, das waren […] Künstler mit Gitarre und Mikrofon” ha scritto l’attore e regista Walter Schörling, amico intimo dei due artisti e seconda voce del gruppo, che nel 1980 produsse il documentario-cortometraggio Geile Tiere im Dschungel, per la regia di Knut Hoffmeister: “i Geile Tiere erano artisti con una chitarra e un microfono”, e questo forse basta a riassumere la loro poetica di fondo.

I Geile Tiere furono un gruppo chiassoso, abrasivo e sperimentale, che si potrebbe ricondurre a vari filoni tipici della produzione musicale teutonica dell’epoca: Neue Deutsche Welle, minimal-wave, punk. Con l’aiuto di distorsioni di voci e suoni, sample elettronici, cori parlati ed effetti grezzi ‒  Salomé, così come Castelli, non aveva una formazione musicale, né i due intendevano averla ‒ i Geile Tiere divennero un fenomeno di nicchia della scena underground berlinese, pubblicando un paio di vinili che ebbero un autentico successo tra la gioventù cittadina che abitava la capitale anche grazie a copertine sovversive che catturavano l’attenzione dell’acquirente, come quella dell’omonimo disco del 1981, la quale ritraeva due cavalli in bianco e nero nel momento dell’accoppiamento.

 Rifacendosi a un’estetica punk più minimale, esibendosi a torso nudo in outfit di pelle nera e autoreggenti con il volto pesantemente truccato e le teste completamente rasate, Salomé e Castelli ammaliavano la folla del Dschungel trasformando ogni concerto in performance art anche grazie all’utilizzo del corpo e degli strumenti sul palco. Giocando con sentimenti erotici e ambivalenti, cantando di notti di passione anticonformiste, protesta sociale e controcultura queer, i Geile Tiere cercavano di espandere i confini dell’arte al di fuori della Galerie am Moritzplatz.

Il 1980 fu un anno estremamente prolifico per Salomé non solo per la nascita della band: l’artista partecipò infatti in quell’anno a uno spettacolo teatrale ‒ l’Emila Galotti di Lessing, in cui interpretava un pittore che, seguendo le indicazioni del regista, doveva stracciare delle tele da lui stesso realizzate ‒ e a due mostre fondamentali per la sua carriera individuale.

La prima fu Les Nouveaux Fauves ‒ Die Neuen Wilden ad Aquisgrana, che esponeva anche opere di colleghə della Galerie, lə qualə erano statə soprannominatə, Salomé incluso, dalla critica artistica come neue Wilde, lə “nuovə selvaggə”, in relazione al movimento d’inizio secolo del fauvisme. Così come infatti le opere dellə pittorə fauvistə, presentate al Salon d’Automne di Parigi nel 1905, si caratterizzavano per violenza e forza espressiva, le opere di Salomé e compagnə ‒ spesso soprannominatə anche junge Wilde, lə giovanə selvaggə ‒ si distinguevano nel panorama artistico degli anni Ottanta per i colori audaci e aggressivi, le pennellate brusche e un vivido ascendente espressionista di forte impatto visivo, che intendeva rompere di getto con le correnti visive più in voga in Germania e Austria all’epoca. Traendo ispirazione da movimenti antecedenti o contemporanei come la Transavanguardia italiana, il wild style inglese o la Figuration Libre francese, lə neue Wilde riportavano sulla tela tematiche come sessualità, angoscia esistenziale, sentimenti incontrollabili, ansia e violenza.

La seconda mostra a cui l’artista queer prese parte fu poi Heftige Malerei, alla Haus am Waldsee di Berlino, in cui venne consacrato ancora una volta come uno dellə artistə più importanti tra lə neue Wilde: la mostra, che prende il nome dall’aggettivo heftig ‒ che in tedesco significa “brusco, impetuoso” ‒, fu una delle più celebrate e memorabili del museo, allora diretto dal curatore Thomas Kempas.

Lo slancio che le opere di Salomé ricevettero grazie a queste due esposizioni fece in modo che l’artista, nel 1982, venne convocato per la prestigiosissima documenta 7, la più celebre esposizione di arte contemporanea al mondo, che si tiene a Kassel, nella regione dell’Assia, ogni cinque ‒ in origine quattro ‒  anni dal 1955. Per un periodo di cento giorni, le opere di Salomé vennero esposte tra quelle di artistə e performer del calibro di Marina Abramović e Ulay, Jean-Michel Basquiat, Jenny Holzer, Robert Mapplethorpe, Andy Warhol e moltissimə altrə.

Grazie alla documenta, il nome di Salomé ricevette attenzione internazionale e il pittore poté aprire un proprio atelier a New York oltre che nella capitale tedesca: iniziò quindi per Salomé un periodo di florida produzione artistica, a cui si aggiunse presto anche l’interesse per la fotografia, che portò l’artista a ritrarre personalità controverse come la principessa Gloria von Thurn und Taxis e a essere egli stesso ritratto da Helmut Newton.

Dagli Stati Uniti collaborò con molte realtà europee realizzando grafiche per spettacoli teatrali e, negli anni Novanta, debuttò con alcune collaborazioni con prestigiose aziende di porcellane ‒ tra cui la ditta centenaria Rosenthal ‒ per cui realizzò degli speciali manufatti: tra piatti con ritratti corpi colorati d’ispirazione haringtoniana e statuette che ritraggono la Morte, il gusto dell’artista si modellò su un’estetica camp e multicolore, al limiti del kitsch, che fa del corpo nudo e anonimo, senza lineamenti facciali, un soggetto d’indagine prediletto. Quando non lo rappresentava con linee stilizzate e macchie di colore, allora Salomé si concedeva di giocare con esso e con la ceramica, realizzando figure vagamente antropomorfe al confine con il regno dell’animalità, come Tigermann, una delle porcellane Rosenthal che ritrae una serie di figure umane a quattro zampe avvolte in una tuta aderente a stampa animalier mentre subiscono un processo di metamorfosi. 

Alla fine degli anni Novanta, Salomé ritornò a Berlino, la città che l’aveva accolto e gli aveva donato fama internazionale d’artista sovversivo: attualmente vive ancora lì, collaborando spesso con progetti a scopo di beneficenza e cercando nuove ispirazioni per portare avanti i suoi progetti interdisciplinari, in cui l’arte visiva sconfina nella musica e nella performance art. Il suo ultimo lavoro multimediale risale al 2011, anno in cui l’artista ha pubblicato sulle piattaforme digitali un album solista intitolato Ich bin Kunst, in cui riprende i ritmi martellanti del parlato distorto unendoli ad atmosfere elettroniche e techno: purtroppo le tracce sono introvabili online, ma la vena sovversiva dell’artista emerge sin dai titoli pittoreschi delle canzoni, che conservano un antico spirito punk ‒ Fucking Horny Bastards, Sex for Money, Titts and Ass, Blut und Stahl. In copertina, un ritratto digitale di Salomé stesso con il viso cosparso di cerone bianco e un trucco d’ispirazione asiatica, fascinazione estetica che l’artista si porta dietro sin dai tempi dellə neue Wilde.

Attraverso i decenni, nonostante un cambiamento epocale per la Germania come la caduta del muro di Berlino e la riunificazione, Salomé è riuscito ad evolvere la sua produzione artistica contaminando e mescolando media e materiali, inserendosi all’intersezione tra un movimento artistico giovanile di inaspettato impeto e un modo grezzo e artigianale di fare musica che sfida le convenzioni sociali.

Sitografia:

https://de.wikipedia.org/wiki/Documenta_7 (ultima consultazione: 15/06/2022)

https://www.dschungelberlin.de/history.html (ultima consultazione: 15/06/2022)

https://www.galerie-von-abercron.de/K-Salome.php (ultima consultazione: 15/06/2022)

https://de.wikipedia.org/wiki/Salom%C3%A9_(K%C3%BCnstler) (ultima consultazione: 15/06/2022)

https://sonichits.com/video/Geile_Tiere/ (ultima consultazione: 15/06/2022)

https://www.dschungelberlin.de/geile-tiere.html (ultima consultazione: 15/06/2022)

https://www.deutschlandfunkkultur.de/salome-was-ist-heftige-kunst-100.html (ultima consultazione: 15/06/2022)

Apparato iconografico:

Immagine copertina: https://www.lornebair.com/pictures/42466.jpg

Immagine 1: https://www.discogs.com/it/release/383196-Geile-Tiere-Geile-Tiere 

Immagine 2: https://www.dschungelberlin.de/geile-tiere.html 

Immagine 3: https://www.liveauctioneers.com/en-gb/item/69912109_porcelain-object-rosenthal-tigermann-of-salome