La psicologia dell’avarizia: “La Signorina” di Ivo Andrić

Marco Jakovljević

 

Pubblicato nel 1945 in Jugoslavia e ripubblicato, con traduzione a cura di Dunja Badnjević e Manuela Orazi, nel 2022 da Bottega Errante, il romanzo La signorina (in serbo-croato: Gospođica) del premio Nobel per la letteratura (1961) Ivo Andrić è forse una delle opere più intime e, forse, meno considerate (rispetto alle altre, ingiustamente) dell’autore jugoslavo. Se ne Il ponte sulla Drina (“Na Drini ćuprija”) la trama si estende per un arco temporale piuttosto lungo e i personaggi sono numerosi e variegati e se è vero che ne La cronaca di Travnik (“Travnička hronika”) è facile distinguere uno o più personaggi principali dei quali il lettore conosce i pensieri e lo spazio dedicato agli eventi storici è denso, ne La signorina il focus posto sui personaggi, sullo spazio e sul tempo è decisamente diverso. 

Link al libro: https://bottegaerranteedizioni.it/product/la-signorina/


Al lettore viene data la possibilità di entrare nella vita e nella mente di Rajka Radaković, chiamata da tutti, appunto, “la Signorina” (e con questo soprannome Andrić la chiama durante la maggior parte della narrazione). Della Signorina si conosce la vita, pubblica e privata, se ne conoscono i pensieri, i punti di forza e le debolezze; chiare sono la sua interiorità e la sua psicologia. Rapidi scorrono nella narrazione il tempo e gli eventi, che appaiono ovattati e sfocati. L’importanza apparente data a questi elementi è coerente con la visione che di essi ha la Signorina, ma c’è una ragione per questo.

Dopo la perdita del padre, preceduta dal fallimento economico di quest’ultimo, in giovane età, la sarajevese Rajka, la Signorina, va pian piano isolandosi dagli altri e rifiutando qualsiasi cosa (che siano mestieri, relazioni o sensazioni) che non riguardi il denaro. Diventa avara, fredda, irremovibile, il tutto a causa di una promessa fatta al padre prima che egli, che riteneva la generosità verso gli altri una delle ragioni del suo fallimento, morisse. L’unica persona verso la quale la Signorina ha provato dei sentimenti sinceri e teneri è lo zio Vlado, la cui morte prematura determina forse un ulteriore inaridimento della sensibilità della protagonista. Immersa nei giochi di denaro che ormai sono la sua unica ragione di vita, la Signorina è distaccata dallo scorrere della storia, che guarda con distrazione e, forse, anche con fastidio. L’attentato di Sarajevo, lo scoppio della Prima guerra mondiale, la miseria e le tensioni etniche non sembrano intaccare la Signorina, che anzi pare non comprendere la tristezza di persone come la madre, scossa dagli attacchi contro i serbi in seguito all’attentato perpetrato dallo studente serbo Gavrilo Princip, o del commerciante ebreo Rafo, che sostanzialmente impazzisce quando si rende conto della carestia che la guerra ha portato.  Con la nascita della prima Jugoslavia, il Regno dei Serbi, Croati e Sloveni, vengono a galla gli affari sporchi che l’insensibile e avara Signorina ha portato avanti durante la guerra e la protagonista è costretta a trasferirsi a Belgrado, dove morirà, chiudendo il cerchio che Andrić ha creato partendo dall’incipit del libro, dove viene rivelata al lettore la morte, nel 1935, della Signorina, e terminando con gli ultimi istanti di vita di quest’ultima.

Andrić, con le sue proverbiali eleganza, delicatezza e precisione, traccia un efficace ritratto psicologico, a cui si affianca la tematica storica ed etnica. Decenni di storia bosniaca, serba, jugoslava in generale si insinuano agilmente tra gli eventi personali della Signorina ed in un primo momento sembrano, appunto, messi in secondo piano. L’opera di Andrić, però, come è risaputo, è inscindibile dagli eventi storici e anche quando pare che ad essi non venga data importanza il lettore è conscio del ruolo che essi hanno. Si viene a creare una sorta di gioco complice tra autore e lettore, dove quest’ultimo è fornito di tutti i riferimenti necessari per mettere insieme il puzzle e cogliere gli elementi espliciti ed impliciti del romanzo. Diventa chiaro, dunque, con lo scorrere della trama, che in realtà la storia ha un ruolo fondamentale, arrivando a far passare le vicende della Signorina in secondo piano a loro volta. Si assiste alla fine del dominio Asburgico sui Balcani occidentali, per poi passare ai tragici anni della Prima guerra mondiale e terminare con la nascita del primo stato jugoslavo, il tutto dalla prospettiva “bassa”, della popolazione, della gente comune. Vengono a galla le differenze etniche, religiose, politiche degli jugoslavi dell’epoca attraverso le loro stesse voci. Come in altre opere, Andrić non manca di descrivere l’equilibrio precario che tiene insieme le diverse etnie della Jugoslavia, ma lascia comunque spazio alla comprensione reciproca, mettendo da parte la generalizzazione. Quando scoppia la guerra a Sarajevo è preponderante l’intolleranza dei musulmani e dei croati cattolici verso i serbi e gli ortodossi, ma, quando la Signorina è costretta ad ospitare in casa un ufficiale dell’esercito austriaco, un croato della Slavonia, Andrić dà voce a questo personaggio facendogli esprimere la propria solidarietà al popolo serbo in modo tale da far capire che non tutti sono uguali e che la convivenza e la comprensione reciproche sono possibili.

Del pensiero, ma anche della vita dell’autore non sono presenti solo questi elementi. La trama è divisa in due parti: la prima ambientata a Sarajevo (città di origine dei genitori di Andrić e dove egli ha studiato e ha iniziato a scrivere), la seconda a Belgrado (dove l’autore ha vissuto a lungo, compresi gli anni della Seconda guerra mondiale, fino alla morte). A Sarajevo la Signorina nasce, cresce, vede fallire e morire il padre, riacquista un relativo successo economico e si forma mentalmente. A Belgrado, invece, si assiste alla tragica caduta delle certezze e di tutto quel che la Signorina ha costruito. A Belgrado il legame con la Sarajevo dalla quale non è mai uscita si spezza, rivelandosi fatale.

La signorina è un’intima e, nel profondo, dolorosa storia di una vita e di una regione, messa purtroppo da parte a favore di altri romanzi e scritti dello stesso Andrić che hanno avuto più successo. Eppure, con la sua eleganza, con la sua compostezza, con la delicatezza, con la precisione dei dettagli e con la sua potenza, La signorina riesce più che efficacemente a trascinare il lettore e a creare, forse, un legame e una comprensione più stretti con l’autore.

 

 

 

Apparato iconografico:

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