La seduzione diabolica de “L’Angelo di Fuoco”: Valerij Brjusov e l’occulto

Alice Bettin

 

Uno dei più celebri romanzi russi di natura simbolista è sicuramente Ognennyj angel (“L’angelo di fuoco”, 1907) scritto da Valerij Brjusov. Si tratta di un romanzo erudito e coinvolgente che ha ispirato l’opera musicale di Prokof’ev, che, affascinato dalla trama, iniziò immediatamente a scriverne le partiture con precisione certosina per metterlo in scena. 

Una trasposizione teatrale de L’Angelo di fuoco, 1973
Una trasposizione teatrale de L’Angelo di fuoco, 1973

La prefazione informa che la storia che verrà raccontata si basa su di un manoscritto tedesco del XVI secolo, sottoscritto da un certo V. B., che si sarebbe preoccupato di utilizzare un linguaggio più corrente. Brjusov si avvalse di questo espediente letterario, talmente ben congegnato nella tessitura del testo da lasciare il dubbio che si trattasse della realtà, ma che ha permesso invece all’autore di innalzare uno stile che inaugura nuovi motivi e forme decadentistiche nella letteratura simbolista dell’epoca. Brjusov adottò uno stile colto e ricco di arcaismi nel suo romanzo, che gli consentì di indagare introspettivamente i lati oscuri e inconsci dei protagonisti, spesso inclini al vizio in contrapposizione alla virtù.

Nella lettura del romanzo si evince immediatamente la meticolosità documentaria con cui Brjusov intrecciò la trama del romanzo, creando una sorta di pastiche storico come direbbe Umberto Eco, in cui i reperti storiografici costituivano un’ancora ben salda nella scelta poetica dell’autore e le informazioni storiografiche sono incastrate alla perfezione e realizzano un ingranaggio narrativo pressoché perfetto. Questa scelta estetico-letteraria è stata oggetto anche di indagine scientifica da parte dei critici, dalla quale è derivato che il nome della protagonista Renata è quello di una delle ultime streghe mandate al rogo nel XVIII secolo, Maria Renata Singerin, bruciata a Würzburg nel 1749 e la cui esecuzione è stata motivo di dibattito fra gli intellettuali dell’epoca.

Il romanzo è ambientato nella Germania cinquecentesca della Riforma Protestante, un tempo storico in cui la magia e l’occulto erano molti influenti culturalmente. L’autore, grande appassionato di magia nera, elabora il romanzo seguendo un “discorso magico”, facendo interagire con i protagonisti personalità dotte del tempo come Agrippa von Nettesheym e il dottor Faust, seguito dall’inseparabile maligno Mefistofele.

Il fil rouge del romanzo è la storia tormentata tra Ruprecht, un lanzichenecco reduce dal Sacco di Roma, che aveva viaggiato a lungo alla scoperta del Nuovo Mondo e, votato alla protezione di Santa Gertrude patrona dei viaggiatori di terra, aveva conosciuto realtà nuove, lontane dalla sua città natale Losheim am See, e Renata, una donna il cui animo è intessuto di contraddizioni e sorprese. L’incontro fra i due è descritto come un’unione fatale tra miracola et natura, durante il quale Ruprecht matura la coscienza di trovarsi accanto a forze non umane, poiché la donna gli confessa subito di essere innamorata sin dall’infanzia dell’angelo Madiele, personificazione del male e trasfigurazione del Diavolo, l’angelo di fuoco al quale la sua anima è completamente asservita e con il quale lei vuole congiungersi carnalmente. Tormentata da demoni che la posseggono, la donna è continuamente in preda ad ossessioni e cade in momenti di disperazione inconsolabile.

L’angelo Madiele è la reincarnazione della luce che acceca la realtà agli occhi di Renata e, irato dalla sua richiesta di un congiungimento carnale tra i due, la donna ritrova l’angelo perduto nelle vesti del conte Heinrich, descritto attraverso la metafora di un uomo angelicato, dagli occhi azzurri penetranti e dai capelli come fili d’oro, rappresentante eccelso dell’ideale simbolista di Eros. Ruprecht è pronto a sottomettere la sua anima per l’amore che prova nei confronti di Renata, come un corteggiatore pieno di venerazione, che le obbedisce senza discutere e che addirittura arriva a giurare fedeltà al Diavolo al sabba attraverso un esperimento magico, per garantire alla donna beatitudine in paradiso.

Fallito l’esperimento magico al sabba, i due si convincono di poter trovare delle risposte consultando opere magiche di stregoneria e di magia occulta, al cui studio si dedicano assennatamente e apprendendo nozioni e conoscenze nuove su questa arte oscura. Tramite la conoscenza di un vecchio libraio, il protagonista riesce a incontrare uno degli alchimisti più celebri di Colonia, che tanto aveva studiato le scienze ermeneutiche, ovvero Agrippa von Nettesheym, manifestando una vera e propria devozione nei confronti della sua più celebre opera De occulta Philosophia (“Sulla filosofia occulta”, 1531), scritta in circa vent’anni. La sua opera più importante intende la magia come vera e unica scienza, una sorta di compimento di tutte le scienze.

De occulta Philosophia, frontespizio del 1533
De occulta Philosophia, frontespizio del 1533

Il confronto fra i due si rivela un elemento cardine nella tessitura del romanzo; infatti, Ruprecht si reca da Agrippa per fare chiarezza su una quantità di punti oscuri che lo turbano a proposito dell’occulto e per venire finalmente a conoscenza di che cosa sia la magia. Al che, Agrippa risponde:

Probabilmente non avete letto con attenzione il mio libro, o non l’avete capito: se no non vi sareste rivolto a me con domande di questo genere! Ho detto chiaramente, nella prefazione, che il mago non dev’essere né superstizioso né un intrigante né un demoniaco, bensì un saggio, un sacerdote, un profeta.” (pp. 164-165)

Ci sono due generi di scienze, giovanotto. Una è quella che si pratica oggi nelle università, che osserva separatamente tutti li oggetti, spezzando il fiore unitario dell’universo in parti diverse, radice, stelo, foglia, petalo, e che offre, anziché conoscenza, sillogismi e commentari.

Nel mio libro Dell’incertezza e vanità delle scienze, che mi è costato molti anni di lavoro ma che mi ha procurato soltanto irrisioni e accuse d’eresia, viene dettagliatamente spiegato quella che io chiamo pseudoscienza. I suoi adepti, gli pseudofilosofi, hanno fatto della grammatica e della retorica strumenti per le loro false deduzioni, hanno trasformato la poesia in infantili trovate, hanno fondato sull’aritmetica vuote divinazioni e musica che corrompe e rammollisce, anziché rafforzare, hanno stravolto la politica in arte d’inganni, e si servono della teologia come arena per la logomachia, per una lotta verbale senza alcun contenuto! Questi sono gli pseudofilosofi che hanno snaturato la magia, ritenuta dagli antichi il vertice della conoscenza umana sicché ai nostri giorni la magia naturale non è niente altro che ricette di veleni, di bevande soporifere, di fuochi artificiali e cose del genere; mentre la magia cerimoniale si riduce a dar consigli su come entrare in relazione con le forze inferiori del mondo spirituale, o come servirsene brigantescamente, di soppiatto. […] Tuttavia, nell’uomo non c’è niente di più nobile del suo pensiero, e l’innalzarsi con la forza del pensiero fino alla contemplazione delle essenze dello stesso Iddio. È il fine più stupendo della vita. […] La scienza che esamina e studia questi rapporti cosmici, che stabilisce il legame tra tutte le cose, e le vie per le quali esse s’influenzano l’un l’altra, è la magia, la magia autentica degli antichi. Essa si pone il fine di conciliare la via cieca della propria anima, possibilmente anche delle altre anime, col piano divino del Creatore dell’universo, e richiede per essere attuata una vita superiore, pura fede e forte volontà, nel nostro mondo, la quale è capace di compiere l’impossibile e i miracoli! La magia autentica è la scienza delle scienze, la piena realizzazione della filosofia più perfetta, la spiegazione di tutti i misteri.” (pp. 167-168)

Ruprecht giunge alla conclusione che non avrebbe dovuto prestare fede a ogni parola pronunciata da Agrippa su un argomento così delicato come la magia, poiché Agrippa stesso veniva apertamente accusato di trattenere, attraverso mezzi magici, degli spiriti famigli, in particolare sotto le spoglie del suo cane nero Monseigneur.

L’incontro con Heinrich si rivela fatale per Ruprecht, che viene costretto dalla sua amata a sfidarlo a duello perché, a detta della donna, l’avrebbe ingannata e disprezzata. L’onore è la qualità più alta a cui tenere fede per un cavaliere come Ruprecht, e nonostante il fascino ammaliante che Heinrich esercita nei suoi confronti, non si tira indietro e ne finisce ferito.

Si evince poi che il conte Heinrich, che secondo la donna sarebbe stato la trasfigurazione dell’angelo Madiele sotto spoglie umane, fosse un uomo relegato a un ordine cristiano religioso, per cui lui avrebbe fatto voto di castità e per il quale avrebbe chiamato Renata come aiutante nei suoi esperimenti di magia divina, coinvolgendola poi in un cerchione più minaccioso dell’occulto. Con il pretesto di avere giustizia, Renata chiede a Ruprecht di uccidere Heinrich; se così fosse stato, Renata avrebbe sposato Ruprecht.

La condotta altalenante di Renata, che si muove tra la spietatezza nei confronti dell’amore di Ruprecht per lei e l’instabilità della sua anima, è il risultato della seduzione che il Diavolo aveva esercitato nei suoi confronti, presenza onnisciente nelle azioni e nelle parole della donna, responsabile del suo squilibrio e della sua inquietudine e del fatto che essa ricercava nella passione sottomissione e umiliazione. Sull’intero romanzo incombe però l’ombra dei vizi capitali, che travolgono entrambi i protagonisti.

I due si affrontano anch’essi, nella loro storia d’amore, come in duello, vivendo dei periodi scanditi da amore soffocato e da passione profonda.

Ritratto del poeta Valerij Brjusov di Mikhail Vrybel, 1906

Come a rispondere al celebre detto che la vita è talora più metaforica dell’arte, l’autore del romanzo traspone, non per esigenza letteraria, ma come espediente narrativo, la sua autobiografica esperienza amorosa del triangolo tra Andrei Belyj, Nina Petrovskaja e Valerij Brjusov, intesi nelle posizioni di Heinrich, Renata e Ruprecht. Tra il 1904 e il 1905 infatti, Petrovskaja ebbe dapprima una relazione con Belyj, che entrò in crisi proprio quando il legame stava passando dal piano intellettuale a quello sensuale e fisico, proprio come avviene tra l’angelo di fuoco (che la donna riconosce in Heinrich) e Renata.

I soffi maligni che oltraggiano l’anima e il corpo di Renata, la convincono che il suo spirito sia precipitato già per metà nell’ade; infatti, la donna assume spesso nel romanzo i tratti tipici di una malata isterica. 

Vladislav Chodasevič commentò questo artificio letterario affermando che era Brjusov ad aver trasformato un’isterica in strega, quando invece le streghe del XVI secolo si rivelavano, alla luce della scienza, proprio delle isteriche.

La donna, cosciente del suo legame con le forze malefiche, decide di rifugiarsi nel convento di Sant’Ulfo (che secondo le fonti non è mai esistito), per esprimere più pienamente la sua penitenza e per ottenere il perdono per aver catturato un’altra anima nella sua rete, perché i demoni solo in questo modo le avrebbero restituito il suo angelo.

Al duomo di Colonia, Ruprecht incontra due forestieri, che si rivelano essere Johann Faust, uomo degno e dottore in filosofia e Johann Müllin, detto Mefistofele, che nella cultura folkloristica tedesca è identificato dalla simbologia del Diavolo. Il fare istrionico e viscido di Mefistofele (viene spesso paragonato ad una serpe nel romanzo) suscita in Ruprecht dei dubbi circa il legame di Faust e del suo aiutante devoto con l‘occulto. I tre si recano presso il castello del conte Von Wellen, un incontro che nel romanzo è fondamentale. Il conte è convinto che Mefistofele sia il Diavolo, costretto a 24 anni di servigi per ottenere l’anima del Faust in potere e la sua finalità è quindi quella di smascherare i due ciarlatani. Nonostante Ruprecht sia un estraneo ai suoi occhi, il conte gli chiede di entrare al suo servizio proprio grazie alla fiducia che egli gli trasmette come buon umanista; diventa quindi il suo scrivano per un trattato scientifico sulle stelle.

Durante la sua permanenza al castello del conte Von Wellen, arrivò la notizia che al monastero di Sant’Ulfo si fosse verificata un’eresia, che doveva essere giudicata dal tribunale dell’Inquisizione. Totalmente inconsapevole del suo possibile incontro futuro con Renata, lo stesso Ruprecht si sente preso in causa per i percorsi dell’ultimo periodo, dimostrandosi perciò puro nella sua fede. Suor Maria, la donna che viene identificata come l’eretica, che veniva venerata come santa da una parte e dall’altra alleata del Diavolo, si rivela essere la stessa Renata, che Ruprecht cerca, nonostante tutto, di salvare, ma che verrà condannata come strega per essere bruciata al rogo e che morirà per i tormenti della tortura.

Storia, natura ed Eros si intersecano nei cavilli della narrazione e rappresentano i pilastri su cui si basa il romanzo. Lo stesso autore precisa nella prefazione che il magico, tema predominante del romanzo, andasse inteso come un’organica disciplina scientifica elaborata nel XVI secolo” (p. 8), quindi una magia considerata attraverso una visione razionale.

L’intrigo erotico che lega Renata e Ruprecht è una sorta di attrazione malefica intinta di suggestioni magiche; infatti, c’è un’oscillazione continua tra la verosimiglianza di questi fenomeni occulti e la risolutezza di ricercarne l’origine. L’anzidetta possessione demoniaca di Renata vaglia continuamente l’ipotesi che si tratti di un caso d’isteria, e che il viaggio al sabba sarebbe stata una visione sotto l’influsso della belladonna. Questi dubbi non verranno sciolti nemmeno nel finale, poiché lo scopo dell’autore era riproporre l’atmosfera del mistero che permea l’opera.

Il romanzo di Brjusov è un classico di grande spessore, che sprigiona l’essenza dello spirito dell’epoca e con il quale l’autore trasmette al lettore il suo diletto artistico fondendo in un unico crogiolo realtà distorte, occulto e influenze magiche, religione, ricercatezza storica e caricature filosofiche.

 

Bibliografia:

Anna Foa, La stregoneria in Europa, Torino, Loescher,1980.

Valerij, Necropoli, Milano, Adelphi, 1985.

Sitografia:

https://fiordilibri.wordpress.com/2014/11/02/velerij-brjusov-langelo-di-fuoco/ (ultima consultazione: 23/01/2022)

https://books.google.it/books?id=1fQ5AAAAcAAJ&printsec=frontcover&hl=it#v=onepage&q&f=false (ultima consultazione: 23/01/2022)

https://www.queendido.org/Arturo_Reghini.pdf (ultima consultazione: 23/01/2022)

https://www.ilfoglio.it/cultura/2019/05/27/news/diavolo-dun-russo-257095/ (ultima consultazione: 23/01/2022)

https://leggendoilmondo.wordpress.com/2015/06/04/langelo-di-fuoco-di-valerij-brjusov-2/ (ultima consultazione: 23/01/2022)

Apparato iconografico:

Immagine 1: https://it.wikipedia.org/wiki/L%27angelo_di_fuoco

Immagine 2: https://www.viaggionelmistero.it/esoterismo/ermetismo/la-filosofia-occulta-di-cornelius-agrippa

Immagine di copertina e Immagine 3: https://it.wikipedia.org/wiki/Valerij_Jakovlevi%C4%8D_Brjusov