I panni sporchi si lavano in gazzetta. Ferdinand Grimm e “Zia Henriette”

Viviana Santovito

L’autore di questa novella aveva tanti sassolini nella scarpa da togliersi. Spesso le famiglie, soprattutto quelle più inserite nei costumi alto-borghesi, nascondono, dietro una facciata di rispettabilità, un aspetto grottesco e tragicomico. È il caso della famiglia protagonista di Zia Henriette (“Tante Henriette”, 1835), ma con una evidente differenza: se ritrarre in modo caricaturale delle persone semplici, soprattutto quelle che nascono dalla fantasia dell’autore, può generare facilmente una risata complice e comprensiva nel pubblico, in questo caso l’attività creativa rasenta il pubblico vilipendio. L’autore in questione, infatti, appartiene ad una delle famiglie più influenti che la cultura tedesca abbia mai visto: i Grimm.

Zia Henriette viene offerta per la prima volta nel 2025 al pubblico italiano dalla casa editrice L’Orma nella collana “Kreuzville Aleph”, con la traduzione di Marco Federici Solari.

 

Link al libro: https://www.lormaeditore.it/libro/9791254761144


 

Quando si pensa ai famosi fratelli Grimm, il pensiero corre subito a Jacob e Wilhelm. Noti intellettuali, il loro ruolo nell’immaginario collettivo è legato alla raccolta Le fiabe del focolare (“Kinder- und Hausmärchen”, 1822), attraverso la quale i due hanno attivamente contribuito non solo a gettare le basi per lo studio del folklore, ma anche a cementare lo spirito nazional-popolare tedesco in piena epoca tardo-romantica, quando i concetti di “popolo” e “spirito nazionale” animavano le discussioni dei salotti letterari e degli attivisti politici. Jacob e Wilhelm, tuttavia, non si limitarono all’antropologia culturale: studiosi a tutto tondo, i due continuarono a contribuire alla causa dell’unificazione della cultura tedesca dando alle stampe nel 1819 uno studio di linguistica dal titolo Deutsche Grammatik e un vocabolario, il Deutsches Wörterbuch, cominciato nel 1838 e terminato nel 2016. Voci di spicco dell’opinione pubblica colta della loro epoca, Jacob e Wilhelm si schierarono apertamente quando, nel 1837, in qualità di professori dell’Università di Gottinga, difesero la Costituzione di stampo liberale del Regno di Hannover dalla decisione presa dal sovrano Ernesto Augusto I di abrogarla, venendo dunque licenziati dal loro incarico accademico. Jacob Grimm, infine, è nome ancora oggi noto a tutti gli studenti che hanno dovuto affrontare almeno un esame di filologia germanica, in quanto formulatore della cosiddetta “legge di Grimm”, cioè la legge fonetica che descrive la mutazione delle consonanti nel passaggio dall’indoeuropeo al proto-germanico.


Di fronte a due personaggi così rilevanti, è difficile ritagliarsi uno spazio. Ne sa qualcosa Ferdinand, il terzo fratello Grimm, forse la figura più interessante della famiglia. Nato nel 1788, anche Ferdinand si dedicherà allo studio del folclore tedesco, pubblicando diverse raccolte di fiabe utilizzando lo pseudonimo “Lothar”. Nonostante l’interesse condiviso per la cultura nazional-popolare, i rapporti con i due fratelli maggiori non furono mai floridi. Agli austeri Jacob e Wilhelm, Ferdinand si contrapponeva per via del suo carattere anticonformista e, a tratti, provocatorio. Nell’introduzione a Zia Henriette, Marco Federici Solari ricorda il Natale 1810, quando Ferdinand si rese protagonista di un momento in famiglia poco piacevole, rovinando l’atmosfera di festa e le relazioni con i propri parenti. Secondo una tesi proposta da Federici Solari, molto probabilmente Ferdinand avrebbe rivelato in questa occasione la propria omosessualità, scatenando la reazione scandalizzata della propria famiglia. Dopo aver vissuto a Berlino per quasi vent’anni, il “figliol prodigo” ritornò a casa, dai suoi fratelli maggiori, il 4 marzo 1834, dato che egli aveva perso il lavoro nella capitale prussiana. La convivenza, però, non si dimostrò semplice. Del resto, uno spirito arguto e antiborghese come quello di Ferdinand non poteva rimanere indifferente di fronte alle idiosincrasie della famiglia Grimm. La permanenza durò abbastanza da permettere all’autore di osservare e raccogliere così tanto materiale in presa diretta da trasformare la sua testimonianza di convivenza in una sagace e graffiante novella, Zia Henriette, pubblicata con lo pseudonimo (non così tanto celante) di “Friedrich Grimm” in cinque puntate sulla rivista Mitternachtzeitung für gebildete Stände (“Giornale di mezzanotte per i ceti colti”) dal 19 novembre al 24 dicembre 1835. Evidentemente, Ferdinand era molto talentuoso nell’escogitare modi creativi per rovinare il pranzo di Natale dei suoi parenti. Se per i lettori questa novella si consuma come un delizioso testo succoso e pungente, per Jacob e Wilhelm è stato un boccone difficile da digerire. Come conseguenza della pubblicazione di Zia Henriette, Wilhelm si allontanerà definitivamente dal fratello minore, mentre Jacob continuerà a mantenere un rapporto, benché a distanza. Solo lui si recherà al capezzale di Ferdinand nel 1845.


Le domande che sorgono spontanee nel lettore sono da dove derivi tutto questo imbarazzo e soprattutto, chi sia Henriette.

È doveroso fare un riepilogo della situazione, alquanto peculiare, della famiglia Grimm. Nel 1825, Wilhelm sposa Henriette Dorothea Wild. “Dortchen”, come veniva chiamata la giovane donna, si insinua in un contesto famigliare nel quale i due fratelli, Jacob e Wilhelm, nutrono un rapporto talmente stretto da essere inseparabili. Nonostante il matrimonio, infatti, Jacob continuerà a vivere nella stessa casa della coppia tanto che, come sempre riporta Federici Solari, la donna parlava, con tono scherzoso, di “due mariti”.

Lo spirito critico e dalla satira facile di Ferdinand non poteva non notare lo stridore tra la rigidità emanata dai suoi fratelli e l’ambiguità della loro vita domestica. A ciò si aggiunge la sua volontà di smontare, pezzo a pezzo, l’immagine austera di questa famiglia, mostrando al pubblico l’esistenza di aspetti grossolani e comici, ma, proprio per questo, umani.

Ciò che ne risulta è un ritratto, se si vuole, di fantozziana memoria di una casa alto-borghese, ma nonostante tutto sgangherata, il cui perno è proprio lei, Henriette. Nella finzione questa è zia del narratore, un nipote che si trova a fare visita alla sua parente e che non ne vuole proprio sapere di mantenere il riserbo su ciò che vede. Con sguardo divertito, il narratore parla della sua peculiare zia, una donna esuberante, capricciosa e un po’ coquette, del suo modo di atteggiarsi nei confronti degli uomini, della servitù e dei suoi ospiti, uno più caricaturale dell’altro, fino a chiudere la narrazione con il racconto, a metà tra l’epico e il tragicomico, di un ricevimento in maschera organizzato nella casa della parente dove, tra severi funzionari statali in costumi improbabili, abbuffate degne del Satyricon e piatti volanti in sala, ognuno mostra il peggio di sé. Il ritratto più impietoso, però, proprio perché immagine parodica della realtà, è quello di Wilibald, l’effettivo marito di Henriette, e Johannes, suo cognato, del quale si dice nel testo che ammirasse la donna non solo per il carattere, ma anche per il négligé che lei amava sfoggiare in casa. È con Johannes che il narratore tira fuori il meglio (o il peggio) di sé: mentre Wilibald appare come un uomo tutto sommato conviviale e posato, il ritratto che si presenta di Johannes è quello di un burbero inadatto alla socialità, preso dai suoi studi talmente rigorosi e talmente seri da renderlo incapace di avere delle relazioni all’insegna della leggerezza o dell’amabilità. Arcigno e pedante, con l’atteggiamento da “patriarca in carica”, come viene scritto nella novella, Johannes prova a dettare legge in casa, finendo, in verità, per mostrarsi ridicolo, soprattutto quando vuole sfogare le sue manie di comando e di autoritarismo a tavola, tra una fitta di rabbia verso i cuochi, colpevoli di aver cucinato una costoletta troppo salata, e una salvietta sventolata con fare macchiettisticamente dispotico. A rimarcare l’ego smisurato di questo personaggio contribuisce l’appellativo col quale Henriette si rivolge a lui: “signor Consigliere Camerale”, perché “cognato” è troppo rozzo e plebeo, a detta di Johannes.    

Dallo stile graffiante e iperbolico, Zia Henriette è una lettura godibile e leggera, intrisa di giochi di parole e situazioni comicamente paradossali. La conoscenza della figura dei fratelli Grimm rende il testo ancora più piacevole, contribuendo ad affievolire quell’aura di sacralità nella quale questi due grandi intellettuali sono avvolti, rendendoli più simili al loro pubblico.

 

Apparato iconografico:

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